“Fammi gustare la natura di Dio”. È scritto così nella testimonianza di don Filippo Bardini agli atti della Procura di Savona sullo scandalo sessuale che coinvolge le curie di Savona e Albenga. Questa frase, secondo l’allora direttore della Caritas di Albenga, sarebbe stata pronunciata da un vescovo nel momento in cui incontrava i suoi amanti. Povera gente che sarebbe andata dal prelato per chiedere un aiuto economico e che, sostiene il sacerdote, veniva convinta a fornire prestazioni sessuali dal vescovo che poi gli avrebbe pagato tra 600 e 700 euro per gli incontri.

È il 15 gennaio 2015 quando il pm savonese Giovanni Battista Ferro ascolta come testimone don Bardini, all’epoca direttore della Caritas di Albenga. Oggi il contenuto di quelle carte è pubblico con gli atti dell’inchiesta sul sacerdote Nello Giraudo (che patteggiò un anno, mentre tante altre accuse sono finite in prescrizione). Francesco Zanardi, attivista anti-pedofilia della Rete l’Abuso, commenta: “Le parole di don Bardini sono fondamentali, perché sono il primo atto d’accusa proveniente da un sacerdote – poi sostituito alla guida della Caritas – nei confronti delle diocesi di Albenga e Savona”. Quelle diocesi al centro di scandali di pedofilia e non solo.

Don Bardini è un sacerdote scomodo, da sempre critico con chi guida la sua diocesi. E anche davanti al pm decide di non tacere. Anzi: “Devo riferirle che il vescovo Mario Oliveri – racconta – paga sistematicamente per avere prestazioni sessuali nel suo studio. Che io sappia si tratta di maggiorenni, i quali in cambio della prestazione sessuale ottengono soldi. Sono soggetti che vanno per un aiuto, e poi subiscono le pesanti richieste del vescovo”. Un atto d’accusa nei confronti del vescovo Oliveri che all’epoca guidava Albenga e che poi è stato sostituito per volere di Papa Francesco. Sulle affermazioni di Bardini è stato aperto un fascicolo senza indagati. Oliveri non è stato indagato: i fatti sarebbero comunque prescritti e non è detto che siano da considerare reati.

Il verbale entra nei dettagli (alcuni di una crudezza che non è possibile riportare), ma utili secondo Bardini per descrivere l’ambiente delle diocesi oggetto dell’inchiesta: i soggetti che hanno rapporti con il vescovo, sostiene il sacerdote, “si rivolgono a lui inizialmente per chiedere un aiuto economico o lavorativo e poi vengono” convinti “a subire l’atto sessuale in discussione… l’allora convivente di una di queste persone mi ha parlato di corrispettivi in contanti anche di 600-700 euro per un rapporto sessuale. Non so di che soldi disponga il vescovo Oliveri e dove attinga per pagare le prestazioni sessuali”. Fino a quel passaggio: “Negli ultimi due mesi si sono rivolte a me cinque o sei persone per raccontarmi sempre questa storia, ragion per cui mi son risolto a contattare la magistratura… tutti dicono le stesse cose, con singolari coincidenze tra i dichiaranti, per esempio circa la geografia dei luoghi e il frasario del vescovo (“fammi gustare la natura di dio”). Sono portato ad escludere pertanto un disegno calunnioso o anche solo diffamatorio in capo alle persone che ho sentito”.

Ripetiamo: Oliveri non è stato indagato. Per Zanardi “si tratta comunque di una testimonianza di pubblico interesse. I cittadini, soprattutto i fedeli, hanno interesse a conoscere questo racconto dopo gli scandali che hanno toccato le curie del Ponente ligure. E perfino la Chiesa dovrebbe essere interessata vista la battaglia di Papa Francesco contro gli scandali sessuali”.
Ma Bardini parla anche di Domenico Calcagno, all’epoca dei fatti vescovo di Savona e oggi potentissimo cardinale in Vaticano. È presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica: “Posso dichiarare che il fatto che don Giraudo avesse rapporti sessuali con minori era di dominio pubblico e i vertici della chiesa locale tacquero; sia l’allora vescovo Dante Lafranconi che Calcagno, che si avvaleva di Giraudo come cuoco, erano a conoscenza del fatto che abusava dei minori affidatigli”.

E tra le carte ecco una lettera che Calcagno scrisse nel 2003 all’allora cardinale Joseph Ratzinger: “Presento con animo colmo di sofferenza il caso di don Nello Giraudo… per quanto possibile intendo evitare che abbia comunque responsabilità che lo mettano a contatto di bambini e adolescenti”. Calcagno insomma scrisse in Vaticano. Ma nell’estate 2005 Giraudo, durante un campo scout a Vara, molestò un ragazzo e fu per questo condannato.

I vertici ecclesiastici sapevano? Un’accusa che non abbandona i vescovi di Albenga e Savona. Calcagno ha sempre negato. Non è stato indagato. E Benedetto XVI lo ha promosso in Vaticano. Nel maggio scorso eccolo indagato in un’inchiesta per malversazioni amministrative relativa al periodo in cui era stato vescovo di Savona. “Ho fiducia nella magistratura, chiarirò tutto”, aveva detto. Poi le polemiche per la collezione di armi, la grande passione di Calcagno.

Don Filippo Bardini, il sacerdote scomodo autore della testimonianza, non è più ai vertici della Caritas di Albenga. E qui un altro scandalo, ma avvenuto quando già in Riviera era arrivato Guglielmo Borghetti, vescovo mandato da Bergoglio per rivoluzionare la Curia: alla Caritas, infatti, dopo Bardini era stato nominato don Francesco Zappella. Ma nel settembre 2015 ecco che viene toccato da un’inchiesta per reati sessuali. Borghetti sembrò difenderlo: “Per quanto lo conosco io don Francesco è una persona buona e generosa”, disse. L’inchiesta si risolse con un’archiviazione (tra l’altro i fatti sarebbero stati prescritti), ma emerse – come riportarono Il Secolo XIX e il Corriere della Sera – che lo stesso sacerdote anni prima era già stato condannato per atti di libidine su minorenni.

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