Diritti

Migranti, per Cassazione no a espulsione per clandestini che hanno fatto unione civile con partner italiano

La Corte ha accolto il ricorso contro l'espulsione presentato da un marocchino convivente con una donna italiana al quale in carcere, mentre scontava la condanna per la commissione di un reato, era stato notificato l’ordine di rimpatrio. Polemiche dal Carroccio: "Capito come viene applicata la legge Cirinnà?"

Dopo l’approvazione della legge Cirinnà, una persona straniera non può essere espulsa se legata a un italiano da un matrimonio, ma anche da una convivenza di fatto o da una unione civile. A stabilirlo è stata la Corte di Cassazione che ha scatenato la reazione dell’opposizione a destra del governo Renzi e in particolare quella della Lega nord. “Capito la legge sulle ‘unioni civili’ come viene applicata?”, ha scritto il leader del Carroccio Matteo Salvini sulla sua pagina Facebook. Secondo i giudici della Suprema Corte, con la legge 76 del 20 maggio scorso “la convivenza dello straniero con una cittadina italiana riconosciuta con contratto di convivenza disciplinato dalla legge” in questione “è ostativa all’espulsione a titolo di misura alternativa alla detenzione”. La persona in questione, un cittadino marocchino di 28 anni, era stato condannato nel 2014 dal tribunale di Cuneo a una pena inferiore a due anni. Il magistrato (seguendo la norma del Testo unico sull’immigrazione del 1998) aveva stabilito che in alternativa alla pena, l’uomo dovesse essere espulso perché sprovvisto di permesso di soggiorno. Secondo il Testo unico infatti, uno straniero che deve scontare una condanna inferiore ai due anni, ma non è in possesso di un regolare permesso di soggiorno, può essere allontanato dal territorio nazionale.

Una espulsione cui ci si poteva opporre finora solo per via di alcune circostanze, tra cui quella di avere il coniuge italiano. Ora non è solo il matrimonio a evitare l’espulsione. Secondo la Cassazione è sufficiente anche una Unione civile o una convivenza di fatto (anche questa prevista dalla legge Cirinnà). L’applicazione normativa – scrivono i supremi giudici – “non può ignorare” la nuova legge “giustamente accolta dall’opinione pubblica, dagli operatori e dai teorici del diritto come disciplina epocale, con la quale sono state riconosciute dall’ordinamento statuale e disciplinate positivamente, le unioni tra persone dello stesso sesso e, con esse, anche quelle di fatto tra eterosessuali”. Ora, dopo il ricorso da parte del marocchino in Cassazione, il caso tornerà al Tribunale di sorveglianza di Torino che non potrà non tenere conto della pronuncia di principio dei supremi giudici.

Ma il caso politico è già partito. “Da adesso, per non essere espulsi dal nostro territorio, i clandestini dovranno solo trovare una persona, dello stesso sesso o di sesso diverso, non importa, che accetti di sottoscrivere un’unione civile per poter restare qui in Italia. Questo clandestino non espulso – è la previsione di Roberto Calderoli della Lega nord – sarà solo il primo di una lunghissima serie grazie a questo escamotage”. Carlo Giovanardi, strenuo oppositore della legge sulle unioni gay, chiede chiarimenti al governo: “Secondo la Suprema Corte pertanto è sufficiente un contratto di convivenza, parificato all’unione civile, parificato al matrimonio per rendere impossibile l’espulsione di un clandestino extracomunitario anche se ha commesso reati, risultando naturalmente di difficilissima o impossibile verifica se il contratto ha un fondamento reale o è stato stipulato in frode alla legge. Rimaniamo in attesa che qualcuno dal governo o dalla Cassazione ci dia una qualche risposta in merito”.