La società: "Eternit solo nei tubi interrati di Firenze, Prato, Pistoia, Treviso, Mogliano e Conegliano Veneto". Nessun problema se i tubi sono integri, ma i costi aumentano in caso di materiali deteriorati. E l'assenza di un catasto delle reti rende poco chiara la situazione
Tra Matteo Renzi e la banda ultralarga c’è anche l’eternit. A Firenze, Prato, Pistoia, Treviso, Mogliano e Conegliano Veneto i cavi della rete elettrica sono stati posati dentro tubi in cemento-amianto. Nessun problema per la salute quando i tubi sono integri, mentre il pericolo può esserci quando l’eternit si è degradato in polveri sottili rendendo obbligatorio lo smaltimento con le relative difficoltà e i conseguenti impegni economici. Quindi se al momento il tema della salute sembra sotto controllo, resta il problema dei costi potenziali del percorso che nei desiderata del presidente del consiglio dovrebbe portare quanto prima alla realizzazione della nuova rete internet veloce di emanazione statale. Anche perché circoscrivere il caso eternit non è semplice: mancando un catasto del sottosuolo italiano, le uniche certezze sono relative ai casi acclarati che non escludono l’esistenza di altri. Quindi quello che si sa, per ammissione della stessa Enel che pure comprensibilmente sminuisce il guaio, è appunto che il cemento-amianto si trova nella rete sotterranea dei cavi di media e bassa tensione della città di Renzi, Firenze, oltre che a Prato, Pistoia, Treviso, Mogliano e Conegliano Veneto. Anche se non esiste una mappatura puntuale della tipologia di posa dei cavi, il gruppo guidato da Francesco Starace interpellato da ilfattoquotidiano.it minimizza spiegando che si tratta di “casi rari, riferiti ad impianti particolarmente vetusti” in cui “si è riscontrata una presenza del tutto modesta di materiale contenente amianto, in particolare tettoie in eternit e cunicoli”.
Fatto sta che il problema esiste, come testimonia anche un documento interno di Enel di cui ilfattoquotidiano.it è entrato in possesso e relativo alle specifiche tecniche che i lavoratori devono seguire nel caso in cui si imbattano in tubi in eternit. Finché i cavi sono interrati e in buono stato di conservazione non c’è pericolo per la salute dei cittadini. Resta però l’ostacolo per lo sviluppo della banda ultralarga che dovrebbe passare anche per la rete sotterranea dell’Enel. Tanto più che, il Sinfi, il catasto del sottosuolo italiano che potrebbe offrire agli operatori soluzioni alternative alla rete Enel, resta lettera morta. Con la diretta conseguenza che i proclami del presidente del consiglio sulla imminente realizzazione della rete di telecomunicazioni di nuova generazione sono ben lontani dal rappresentare la realtà delle cose.
Così accade che, dopo oltre due anni e mezzo di vita dell’esecutivo, i cantieri siano ancora solo virtuali. E che anche i progetti di sviluppo dell’infrastruttura di Enel non siano poi così infallibili. Come testimonia il caso di Treviso dove si stima che il 40% della rete sia stato realizzato in eternit. “L’11 dicembre 2008 sono state commissionate rilevazioni e prove a ditta abilitata (EUREKA srl); il rapporto, composto da 23 pagine, conferma la presenza di amianto in alcune tubazioni escludendone altre apparentemente simili”, si legge nel documento di Enel che fa risalire l’ultima rilevazione al 2010. Il risultato è che per il “comune di Treviso l’analisi ha individuato che la presenza di tali tubazioni è localizzata all’interno delle mura con una stima del 40% del totale delle canalizzazioni”. Solo una stima perché l’indagine si è limitata all’apertura “di pozzetti di ispezione, limitando i sondaggi a pochi casi necessari alla messa a punto delle istruzioni di lavoro” che vengono dettagliate anche nel periodico Flaei-Cisl di Vittorio Veneto nell’ottobre 2014.
Treviso, Firenze, Prato, Pistoia, Mogliano e Conegliano Veneto, peraltro, non dovrebbero essere dei casi isolati dal momento che, secondo l’Osservatorio nazionale amianto, questo tipo di materiale “è stato utilizzato negli impianti realizzati prima del 1992 per avvolgere i cavi di media e alta tensione interrati, non in quelli aerei”, oltre che “nelle centrali elettriche e nei retropannelli delle centrali elettriche per le sue capacità isolanti e ignifughe”. Inoltre i tecnici Enel hanno anche riscontrato che i tubi sotterranei realizzati invece in pvc possono subire schiacciamenti nel sottosuolo rendendo arduo inserire la fibra senza intaccare il cavo elettrico. Impossibile quindi che l’intera rete sotterranea possa essere usata per cablare il Paese. “Con riferimento alla presenza di cavidotti interrati, si precisa che quelli in cemento rappresentano una porzione estremamente ridotta del totale e – nello specifico- quelli contenti parti di cemento-amianto una porzione ancor più ridotta, rilevata su porzioni limitate di rete in alcuni Comuni: Treviso, Mogliano, Conegliano, Prato, Firenze, Pistoia”, puntualizza Enel senza specificare la dimensione della porzione di rete interessata dal problema eternit. Precisando che “le ispezioni effettuate hanno evidenziato il buono stato di conservazione delle tubazioni. Il confinamento nel sottosuolo – consentito dalla normativa vigente – esclude rischi di dispersione delle parti di amianto”. Inoltre il gruppo aggiunge che “per la posa dei cavi interrati, e-distribuzione adotta specifiche tecniche che prevedono l’utilizzo di tubazioni in materiale plastico come elementi protettivi dei cavi”.
Resta il fatto che l’aspetto più complesso del progetto banda ultralarga è il calcolo dei costi che gli operatori, Enel Open Fiber in primis, devono fare prima di depositare i piani che danno accesso ai fondi pubblici stanziati dal governo. Anche perché l’Enel, pur avendo una mappa della rete, non ha il dettaglio geografico delle tecniche utilizzate per la posa dei cavi sotterranei. Con il risultato che gli operatori parteciperanno in parte con gli occhi bendati alle gare indette dalla società pubblica Infratel. Un bel problema, insomma, che in parte poteva essere risolto dal Sinfi, il catasto del sottosuolo voluto dal governo Renzi, ma mai realmente partito. Si tratta solo di dettagli tecnici? Non proprio: tra gli addetti ai lavori, l’impressione è l’operazione banda ultralarga sia ancora in alto mare. Per la felicità di Telecom che beneficia indirettamente dell’allungamento della vita della sua rete in rame e di Mediaset che vede tardare l’arrivo di rivali internazionali agguerriti e continua a beneficiare del duopolio con la Rai.
Per il momento l’unica certezza sulla fibra sono i bandi, pubblicati a giugno e ad agosto da Infratel, per accedere ai finanziamenti pubblici destinati al cablaggio di sei regioni. Sul tavolo della società pubblica sono anche arrivate delle offerte preliminari, i cui dettagli tecnici però arriveranno solo a fine ottobre. Se tutto va bene, quindi, ricorsi di Telecom e Fastweb permettendo, il primo cantiere per la fibra, finanziato da soldi pubblici, aprirà con il nuovo anno. Davvero poca cosa per ritenere già compiuta l’opera di creazione ex novo di una grande rete di telecomunicazioni che finalmente colmi il gap digitale italiano.