Cosa è successo al cosiddetto pubblico di Rai Uno una volta che – invece del collaudatissimo e castissimo pretino chestertoniano attento al frullare delle anime e delle birbonate di una piccola cittadina – si è ritrovato a seguire il grande gioco della famiglia Medici fra finanza, Comuni e Regni, con ampi squarci su lussurie e ambizioni di ogni tipo anche fra le sacre mura del Vaticano d’allora (il primo Francesco era passato da poco, per il secondo si sarebbe dovuto aspettare un bel po’)?

Se si guarda ai numeri d’insieme non è successo praticamente nulla: stessi numeri, attorno agli otto milioni e stesso share poco sopra e poco sotto il 28%. Però, però…, ad affinare un poco lo sguardo qualche differenza non da poco la si nota, eccome. La più intuitiva riguarda la perdita sensibile di spettatori fra i bambini, maschi e femmine, fino ai 14 anni, dove gli stereotipi buonisti di Don Matteo, schematici ed efficaci come quelli dei cartoon di un Disney d’epoca, non possono certo competere con un Beautiful pieno di gente stranamente vestita oltre che di riferimenti storici e di accenni a più complesse pieghe dell’animo dei protagonisti. E il dato si concilia col crollo degli spettatori in possesso della sola licenza elementare, potendosi trattare sia dei medesimi giovanissimi sia di anzianissimi scarsi a storia delle patrie Caste. E per la medesima ragione non sorprende, all’opposto, il botto d’ascolto dei Medici fra i diplomati e i laureati, quelli cioè che ne hanno sentito dire almeno un paio di volte a scuola.

Più sorprendente la divaricazione territoriale con l’antitetica reazione del Sud (dove ogni 10 spettatori di Don Matteo uno se ne va al comparire della barba di Cosimo) rispetto agli altri territori (dove il movimento è uguale, ma contrario). E qui forse incide una certa ostilità degli abitanti del “Regno” – l’unico che in Italia abbia davvero preso piede – nei confronti di Signori e Signorie del Centro-nord.

Fatte salve queste differenze, più o meno intuitive, si può affermare con una qualche sicurezza che con i Medici il pubblico di Rai 1 diventa un po’ meno meridionale, decisamente meno “bambino” e abbastanza più istruito. E che in questa direzione, che ci pare peraltro obbligata per un più promettente insediamento del Servizio Pubblico, la misura della fiction è risultata più centrata rispetto a quella, a giudicare dai dati, troppo di rottura, dell’entertainment (Dieci cose) del sabato sera. Concludiamo con una chicca: gli immigrati, scarsissimamente interessati (6%) al “nostrano” Don Matteo, sono più che raddoppiati (15%) per i “nostri” Medici, che evidentemente incarnano vicende di ambizione, ricchezza e potere di carattere comunque universale. Se tanto ci dà tanto anche gli stranieri fuori confine potrebbero stare al gioco e ammetterci nel giro della grande fiction. Stavolta senza la Camorra, ma comunque con l’incombere del Papa, l’altro dei due fondamentali asset competitivi della narrativa made in Italy or about Italy. Almeno finché non cresciamo.

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