Al centro dell'inchiesta la cessione della quota di maggioranza della partecipata. Il reato contestato è turbativa d'asta. A pochi mesi dalle Comunali, è la seconda inchiesta che riguarda il primo cittadino ex M5s
Una nuova inchiesta della Procura di Parma appanna l’avvio alla conclusione del mandato da sindaco di Federico Pizzarotti. L’ex Cinque stelle, che il 3 ottobre ha dato l’addio al Movimento in polemica con l’operato dei vertici, è finito nel registro degli indagati per la vendita di Stu Pasubio, partecipata del Comune che nell’ottobre del 2012 era stata ceduta alla reggiana Remilia, del gruppo Unieco. È la seconda inchiesta che grava sul sindaco, dopo quella per disastro colposo sull’alluvione del 2014 e dopo l’archiviazione di quella sulle nomine del Teatro Regio che gli era costata la sospensione dai Cinque stelle.
Insieme a Pizzarotti, è indagato anche il commissario straordinario Mario Ciclosi, che da novembre 2011 aveva gestito l’amministrazione ducale dopo la caduta della giunta di centrodestra di Pietro Vignali fino all’elezione di Pizzarotti. Il reato ipotizzato dagli inquirenti per entrambi e per i membri del Cda della società è di turbata libertà di scelta del contraente, che riguarda condotte illegittime che turbano il procedimento amministrativo di un bando per condizionare la scelta finale e quindi influire sullo svolgimento dello stesso. Fu Ciclosi ad avviare il bando per la cessione della quota pubblica di Stu Pasubio, ma Pizzarotti poi lo portò a termine nei primi mesi del suo mandato, con il benestare della sua maggioranza in consiglio comunale.
Il sindaco si è detto sorpreso del suo coinvolgimento nell’inchiesta, dandone notizia lui stesso sulla sua pagina Facebook, dopo averlo appreso dalla stampa. “Abbiamo liberato Parma da 40 milioni di euro di debiti, ma risulto indagato. Devo comunicarvi che sono venuto a conoscenza di una nuova indagine nei miei confronti, relativa a una questione di oltre quattro anni fa, quando diventato sindaco da pochissime settimane ho dovuto affrontare il difficile e grave problema del debito di Parma, che sappiamo tutti ha rischiato di mandare la città in default – ha spiegato – Pur non conoscendo per nulla i dettagli dell’indagine, che non mi sono stati comunicati in modo ufficiale ma che ho appreso dalla stampa, so che si tratta della vendita di Stu Pasubio. Sinceramente mi sorprendo dell’indagine, visto che la vendita di Stu Pasubio era una procedura già in atto e visto che la società in questione era una partecipata che aveva oltre quaranta milioni di debiti”.
Quando il sindaco ex grillino arrivò alla guida del Comune, Stu Pasubio, partecipata nata per riqualificare con opere e investimenti immobiliari il quartiere nord della città dietro la stazione, era gravata da un debito di oltre 70 milioni di euro. Cedere la quota pubblica aveva consentito all’amministrazione di Parma di ridurre il buco finanziario di oltre 800 milioni lasciato dalla precedente gestione Vignali. L’operazione però era stata da subito contestata dalle opposizioni in consiglio comunale e valse anche un esposto alla Corte dei conti da parte della Commissione audit per il debito pubblico.
Come ricostruisce la Gazzetta di Parma, l’inchiesta della Procura, coordinata dal pm Paola Dal Monte e svolta dal nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza, si è concentrata in particolare sui mesi antecedenti la cessione. Il fascicolo era stato aperto nel 2012 dopo la firma della delibera con cui il commissario Ciclosi aveva avviato la vendita della quota comunale della società, pari al 52 per cento. Dopo due aste andate deserte, la quota fu assegnata a Remilia per un’offerta di 181mila euro. Secondo gli inquirenti, per arrivare alla cessione, a cui partecipò solo la società reggiana, ci furono accordi precedenti tra Ciclosi e gli amministratori di Remilia, che poi risultò vincitrice del bando. Tra l’altro, secondo le indagini, la società, che aveva interesse nell’affare in quanto nel quartiere parmigiano aveva realizzato molti interventi edilizi, avrebbe avuto garanzie di alcuni vantaggi ancora prima della formulazione del bando. La responsabilità di Pizzarotti, arrivato a cose già fatte, sarebbe quella di avere proseguito il bando, invece di cambiarlo o revocarlo.
Il sindaco ha specificato sempre su Facebook che chi ha comprato la quota pubblica della società “era l’unico soggetto che aveva interesse ad acquisire la partecipazione per completare l’operazione immobiliare. Quello che abbiamo fatto noi, continuando l’operazione del commissario Ciclosi, è stato di liberare i parmigiani da un debito di più di 40 milioni lasciato in eredità”. Il primo cittadino inoltre, dopo l’esperienza dell’indagine del Teatro Regio, in cui aveva tenuto nascosto per mesi l’avviso di garanzia, ha anche assicurato di non avere ricevuto alcuna notizia ufficiale dell’indagine a suo carico. “Mi sorprende solo che ancora una volta la notizia esca dalla Procura senza che un avviso di garanzia con dettagli utili e dati essenziali arrivi al diretto interessato. Sono tranquillo, sono sereno – ha concluso – soprattutto perché non mi occupo dei bandi di gara che escono, ci sono i tecnici per questo. So che anche questa volta il risultato è stato salvaguardare gli interessi dei parmigiani. Mi sono preso un impegno verso la città, assumendomi ogni onere. Continuerò a fare quello che ho sempre fatto, nel rispetto della legge e a tutela dei miei concittadini”.