Per i giudici amministrativi non sono "sindacabili" le ordinanze della Corte di Cassazione e presidente della Repubblica che "si caratterizzano per la loro assoluta neutralità". Eventuali profili di incostituzionalità, invece, vanno sollevati alla Suprema Corte. Uno dei legali: "Hanno avuto poco coraggio". Cinquestelle e Si: "Aspettiamo le motivazioni". Il giurista Siclari (che è per il No): "Pronuncia prevedibile, è stato un errore"
Il Tar del Lazio ha dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione il ricorso sul quesito del referendum costituzionale presentato da M5s e Sinistra italiana. La decisione è stata assunta dalla sezione 2bis del Tar e, sempre a quanto si apprende, a breve dovrebbero essere rese note le motivazioni. Il ricorso era stato presentato da Loredana De Petris (Si) e Vito Crimi (M5s) insieme agli avvocati Giuseppe Bozzi e Vincenzo Palumbo che contestavano la carente neutralità del quesito. Un altro ricorso, presentato allo stesso Tar e al tribunale civile di Milano, è stato presentato anche dall’ex presidente della Corte costituzionale Valerio Onida. Spiega in breve il tribunale amministrativo che il quesito è stato promosso dall’Ufficio centrale per il referendum in Corte di Cassazione e poi recepito dal presidente della Repubblica che “sono espressione di un ruolo di garanzia” e “si caratterizzano per la loro assoluta neutralità che li sottrae al sindacato giurisdizionale”. Le loro ordinanze “non sono impugnabili con gli ordinari mezzi giurisdizionali“. Se invece si vuole sollevare una questione di costituzionalità (come ha fatto proprio l’ex giudice Onida), secondo i giudici amministrativi, bisogna rivolgersi di nuovo all’Ufficio centrale per il referendum della Cassazione che può rinviare alla Corte costituzionale. Tutto questo, però, accade a 6 settimane dal voto e quindi il tempo diventa sempre più stretto.
Per Luciano Vasques, uno dei legali che hanno presentato il ricorso, “i giudici amministrativi non hanno avuto il coraggio di affrontare il tema, sostanzialmente hanno chiuso la possibilità di una tutela giurisdizionale, evitando peraltro una legittima remissione alla Corte costituzionale”. “Il rinvio alla Consulta – sottolinea Vasques – avrebbe probabilmente risolto un grave problema di assenza assoluta di tutela verso abusi nella formulazione dei titoli e dei relativi quesiti, nell’ambito di procedimento di referendum costituzionali”.
Ma è una pronuncia “prevedibile” la definisce il costituzionalista Massimo Siclari, che peraltro è sostenitore del No. “Un tribunale amministrativo – aggiunge il giurista all’Ansa – non è il luogo adatto per tentare di aggredire una decisione che proviene da un organo della Cassazione, l’Ufficio centrale per i referendum”. Secondo Siclari “sono sbagliate la strada e la procedura seguite dai ricorrenti. Altra cosa sarebbe stato chiedere alla stessa Cassazione di riesaminare il quesito prospettando dei dubbi di legittimità e dei profili non convincenti. Il Tar, invece, è organo totalmente estraneo a pronunciarsi su una materia di questo tipo già valutata dalla Cassazione. “Ma più in generale – continua Siclari – ritengo che l’errore di fondo che si sta facendo in questa fase, a referendum indetto dal presidente della Repubblica, sia quello di fare una battaglia giudiziaria anziché una battaglia politica sul merito della riforma costituzionale, evidenziandone i difetti. E’ inutile continuare a devolvere alla giurisdizione problemi che vanno risulti sul piano politico. E questo è, tra l’altro, un limite insito nella stessa riforma costituzionale””.
Secondo i Cinquestelle la pronuncia del Tar “non è una bocciatura nel merito. Leggeremo le motivazioni della sentenza e agiremo di conseguenza” dice il deputato M5s Danilo Toninelli. “Siamo convinti di essere nel giusto – aggiunge – e non ci arrenderemo perché il titolo della riforma è una truffa. Dunque, andiamo avanti“. La senatrice di Sinistra Italiana Loredana De Petris dice di aspettare le motivazioni: “Evidentemente non sarà così semplice perché se fosse stato solo un difetto di giurisdizione non ci sarebbero voluti tre giorni”. Tiene il punto il Pd: “Il quesito del referendum è del tutto conforme alla legge – commenta il senatore Andrea Marcucci – I partiti del No si confrontino nel merito della riforma, invece di perdere tempo con inutili ricorsi”.