Il presidente del Consiglio intervistato da Rtl 102.5 ha condannato il comportamento dei diplomatici italiani in merito al documento controverso adottato il 18 ottobre scorso: "Ho chiesto al ministro degli Esteri di vederci subito al mio ritorno a Roma. Se c'è da rompere su questo l’unità europea che si rompa". Il presidente della comunità ebraica di Roma Dureghello: "Bene, ora serve atto politico". Il portavoce del ministero gli Esteri israeliano: "Grazie al governo italiano per questa importante dichiarazione"
Matteo Renzi in difesa di Israele. Dopo giorni di silenzio sull’astensione dell’Italia all’Unesco in merito alla risoluzione adottata sui luoghi santi di Gerusalemme, il presidente del Consiglio ha deciso di condannare il comportamento dei diplomatici italiani. Il 18 ottobre scorso infatti, hanno scelto di non prendere posizione sul documento che definisce Israele “potenza occupante” e utilizza solo la terminologia araba per definire posti simbolici come “il Monte del Tempio“. “Allucinante”, ha detto a Rtl 102.5 il presidente del Consiglio. “Ho chiesto al ministro degli Esteri Paolo Gentiloni di vederci subito al mio ritorno a Roma. E’ incomprensibile, inaccettabile e sbagliato. Ho chiesto espressamente ai nostri di smetterla con queste posizioni. Non si può continuare con queste mozioni finalizzate ad attaccare Israele. Se c’è da rompere su questo l’unità europea che si rompa”. Poco dopo è arrivata la reazione del portavoce del ministero gli Esteri israeliano Emmanuel Nahshon: “Ringraziamo e ci felicitiamo con il governo italiano per questa importante dichiarazione”. L’Italia aveva scelto l’astensione anche in occasione del voto per l’ingresso della Palestina nell’Unesco il 31 ottobre 2011.
Un intervento di rottura a livello diplomatico che è stato accolto positivamente dal presidente della comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello che però ha chiesto ci siano “conseguenze concrete” alle parole del presidente del Consiglio: “E’ una presa di posizione importante che ci solleva rispetto al silenzio di questi giorni. Era per noi inaccettabile come ebrei romani pensare che il nostro Governo si astenesse di fronte a una mozione così antistorica e palesemente antisemita. C’è bisogno di un atto politico che dia seguito alle dichiarazioni”. Nei giorni scorsi Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, aveva scritto una lettera aperta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per chiedere un intervento.
Il testo è stato adottato dall’Unesco martedì scorso con 23 voti a favore, sei contrari (Usa, Germania, Gran Bretagna, Estonia, Lituania e Olanda) e ventisei astenuti. A esprimersi contro la decisione era stata la stessa direttrice dell’Unesco Irina Bokova che dopo il via libera ha ricevuto minacce di morte. Il documento, a giudizio dello Stato ebraico, non riconosce i profondi legami storici e spirituali tra gli ebrei, il Monte del Tempio di Gerusalemme (come gli ebrei chiamano la Spianata delle Moschee) e il Muro del Pianto. Una posizione duramente criticata dal premier Benyamin Netanyahu, che nei giorni scorsi l’ha definita “assurda” e che equivale a dire che “la Cina non ha legami con la Grande Muraglia o l’Egitto con le Piramidi”. Oggi è arrivata anche la condanna di Renzi: “Storicamente su queste posizioni”, ha detto, “andiamo sempre insieme agli altri Paesi europei. Ma trovo la decisione Unesco sinceramente incomprensibile e sbagliata. Non si può continuare con queste mozioni, una volta all’Onu, una volta all’Unesco contro Israele. Sostenere che Gerusalemme e l’ebraismo non hanno una relazione è sostenere che il sole fa buio: una cosa incomprensibile, insostenibile e sbagliata. Ho espressamente chiesto ai diplomatici che si occupano di queste cose che non si può andare avanti così: non si può negare la realtà”.
Il documento è stato presentato dai palestinesi insieme ad Egitto, Algeria, Marocco, Libano, Oman, Qatar e Sudan. Nel provvedimento – che condanna Israele su vari temi riguardo Gerusalemme e i suoi luoghi santi e definisce lo Stato “potenza occupante” – si utilizza la terminologia araba di “Moschea di Al-Aqsa” e di “Haram al-Sharif” ma non il termine ebraico (Har HaBayit) né quello inglese equivalente (Temple Mount). E nel testo ci si riferisce al Muro del Pianto usando la dizione araba di “Buraq Plaza” e quella di ‘Muro Occidentale’. Bokova, nei giorni scorsi, ha detto che il patrimonio di Gerusalemme “è indivisibile e ognuna delle sue comunità ha diritto all’esplicito riconoscimento della sua storia e del suo legame con la città”. “Negare”, ha detto, “nascondere o voler cancellare una o l’altra delle tradizioni ebraica, cristiana o musulmana significa mettere in pericolo l’integrità del sito, contro i motivi che giustificarono la sua iscrizione nella lista del patrimonio mondiale”.