Non c’è solo Valona. Pezzi interi dell’Albania rurale sono sotto il controllo delle organizzazioni criminali, dai dintorni di Tirana al distretto di Kruja, fino alle montagne del nord, a volte impiegando anche i bambini. “In questo periodo, a Pukë, vicino Scutari, bande che si occupano della cannabis bloccano il monte Tërbunit e non permettono di raccogliere funghi”, hanno denunciato pubblicamente alcuni cittadini. Nella gran parte dei casi, le piantagioni sono presidiate da cecchini armati. “Uno dei trecentomila posti di lavoro che hanno avviato la rinascita”, ha ironizzato l’opposizione in Parlamento. È una lotta senza quartiere, resa difficile da geografia e silenzi. Sono soprattutto i sorvoli della Guardia di Finanza italiana a indicare quali sono le zone rosse. Secondo l’International Narcotics Control Strategy Report degli Usa, nei primi dieci mesi del 2015, l’Albania ha distrutto 689.815 piante. Tirana riferisce che, tra giugno e agosto di quest’anno, le piante estirpate sono state ben 2,4 milioni. Su 506 ettari monitorati in 42 missioni aeree, 213 sono risultati coltivati a cannabis con 2.086 impianti. Anche questo rende chiara l’idea della parcellizzazione: nel 2013, su 361 ettari perlustrati, ne risultavano coltivati 323 e di questi 319 concentrati tutti a Lazarat.
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“Kanabistan”: i cecchini sui monti e la guerra dei numeri - 3/7
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