A Kakavijë, i due agenti controllano da cima a fondo ogni auto. Infilano il cacciavite negli intercapedini degli sportelli, smantellano il portabagagli. Chi traffica sa che non è questa la frontiera a cui doversi presentare. Meglio le dogane minori, come quella di Qaf Bot, a sud di Butrinto. In questi punti, l’erba albanese scavalca i confini, approdando in Grecia. Dietro questo commercio, secondo le autorità elleniche, c’è Klement Balili, “il Pablo Escobar dei Balcani”, contro il quale è stato emesso un ordine di cattura il 9 maggio scorso. Non un uomo qualunque: già arrestato nel 2006 in un’operazione sul narcotraffico, nel 2014 è stato nominato direttore dei trasporti di Saranda, la città più meridionale. Ha legami diretti con i piani alti: il fratello è esponente del Movimento socialista per l’Integrazione, alleato del governo, e lo scorso anno il presidente del Parlamento e il ministro del Turismo hanno inaugurato l’albergo di famiglia. “La maggioranza protegge il boss”, secondo l’opposizione di centrodestra guidata dal sindaco di Tirana Lulzim Basha. Dallo stesso fronte provengono le accuse rivolte ai dirigenti di alcuni commissariati di avere interessi diretti nell’industria della marijuana. La Polizia è stata costretta a difendersi: “Il Partito democratico si rivolga in Procura”. L’ex presidente Berisha aggiorna il diario di “Kanabistan”, con l’aiuto dei “cittadini digitali”: “La droga scoperta (3 tonnellate) in Rremull Mat era di un impiegato dell’amministrazione statale, l’amico intimo del capo della PS a Mat”; “a Zall Bastar i socialisti hanno tre ettari di cannabis protetti dalla polizia”; “il sindaco del villaggio di Fushe Kruje ha piantato più ettari di cannabis e ha circa 100 lavoratori impiegati nelle piantagioni. Il capo del commissariato ha dato dieci giorni di tempo per raccoglierla”.
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Dal Pablo Escobar dei Balcani alle accuse di corruzione - 4/7
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