Da organizzazioni elementari a gruppi capaci di ramificarsi in tutta Italia, forti di vincoli parentali e legami strettissimi con la terra d’origine. “Nessuna regione è risultata immune da azioni criminali coordinate, dirette o partecipate da albanesi”, ha scritto la Direzione nazionale antimafia nella sua ultima relazione relativa al secondo semestre 2015. Il core business resta il narcotraffico, agevolato dall’ottima conoscenza della rotta balcanica, da basi logistiche in diversi Paesi, collaborazioni consolidate con gruppi italiani e grande disponibilità di armi. Il salto di qualità è compiuto: da semplici partner commerciali della Scu e dei baresi, gli albanesi hanno saputo mettersi in proprio, diventare in prima persona gestori dell’intera filiera, dalla produzione all’import fino allo smistamento in tutta Italia. Non solo erba, però. Dallo scorso anno, ribadisce la Dna, ad attraversare il Canale d’Otranto sono anche cocaina ed eroina, quest’ultima proveniente dall’Afghanistan e caricata in Albania, oltre che in Montenegro e Croazia. Documentati sono anche i rapporti con i campani e le ‘ndrine calabresi. A volte si riesce pure a bypassare la Puglia: la marijuana viaggia sui pescherecci che fanno la spola tra l’Albania e le coste siciliane, nuovo canale di approvvigionamento del clan Santapaola-Ercolano, come ricostruito nell’operazione Spartivento del gennaio 2015 a Catania.
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La mafia albanese ha fatto il salto di qualità - 7/7
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