Un’esecuzione di massa in risposta all’avanzata della coalizione internazionale verso Mosul. Mentre l’esercito regolare di Baghdad si avvicina alla roccaforte jihadista nel nord dell’Iraq, l’Isis uccide 284 civili, tra cui vari bambini. Lo riferisce la Cnn, citando fonti dell’intelligence irachena, secondo cui le vittime erano state catturate nella città assediata e nei suoi dintorni, per essere utilizzati come scudi umani contro gli attacchi che stanno spingendo le forze del Califfato fuori dalla zona meridionale di Mosul. L’Isis, secondo l’emittente americana, ha utilizzato una ruspa per scaricare i cadaveri in una fossa comune nei pressi del luogo dell’esecuzione, avvenuta all’interno dell’ex Collegio di Agricoltura di Mosul. Le vittime, alcune delle quali bambini, sono state colpite con colpi di pistola, secondo quanto riferito da una fonte anonima.
L’allarme dell’Onu: “550 famiglie ostaggio dell’Isis – “L’Onu aveva già lanciato l’allarme, dicendosi “gravemente preoccupata” per il fatto che l’Isis aveva preso in ostaggio 550 famiglie nei villaggi intorno Mosul, e li stava utilizzando come scudi umani. Le catture, avvenute lunedì scorso nei centri abitati di Samalia e Najafia, fanno parte di quella che sembra “una apparente strategia messa in atto dall’Isis di vietare la fuga dei civili”, secondo le parole di Ravina Shamdasani, vice-portavoce dell’Ufficio per i Diritti umani delle Nazioni Unite.
La battaglia di Kirkuk – I nuovi atti di violenza da parte dell’Isis seguono l’escalation militare che interessa il nord dell’Iraq da vari giorni. Dopo l’avanzata della coalizione internazionale, che vede militari italiani impegnati in prima fila, verso Mosul, Daesh ha reagito venerdì con un attacco a Kirkuk, città controllata dalle forze curdo-irachene, al confine con la regione autonoma del Kurdistan, dove gli scontri armati sono ripresi in mattinata. La tv curda Rudaw riferische che alcuni jihadisti restano barricati all’interno di una scuola; e nel frattempo, riporta Al Jazeera, “sparatorie sono ancora udite nelle stesse aree degli scontri di ieri, anche se con minore intensità”. Nella battaglia, secondo le fonti dell’agenzia Dpa, sono morti almeno 47 militari iracheni e 30 combattenti di Daesh. Il leader del Kurdistan iracheno, Masoud Barzani, in riferimento alla controffensiva jihadista parla di “un tentativo fallito da parte dei terroristi di rimediare alle sconfitte subite per mano dei peshmerga al fronte”. “Kirkuk – ha proseguito Barzani – va protetta a tutti i costi e non dovrà mai più cadere nelle mani del nemico”. Per questo le autorità di Kirkuk hanno pieni poteri per “adottare le misure necessarie per un nuovo piano di sicurezza per la città in modo da evitare attacchi terroristici e proteggere la popolazione della zona”.
Le forze irachene avanzano a sud di Mosul – All’attacco dell’Isis su Kirkuk le forze irachene hanno risposto annunciando nuove conquiste nell’area intorno a Mosul. Conquiste che hanno permesso alle truppe dell’esercito regolare di prendere il controllo sulla cittadina di Hamdaniyah, centro pressoché disabitato a sud-ovest della roccaforte dei jihadisti, e sulla vicina regione cristiana intorno a Qaraqosh. Secondo la tv di Stato al-Iraqiya, le truppe irachene sono riuscite ad avanzare con l’appoggio aereo della coalizione anti-Isis a guida Usa. Il governatore della regione locale, Faisal Iskandar, ha sottolineato che l’esercito ha preso il controllo dell’ospedale e del municipio. Le forze di sicurezza irachene avevano già assaltato tre giorni fa la città da sud, ma si erano dovute ritirare per la resistenza dei jihadisti. La bandiera irachena sventola intanto anche sulla chiesa di Bertella, uno dei principali villaggi cristiani a una decina di chilometri a sud-est di Mosul. L’edificio si trova a circa un chilometro dall’ingresso del villaggio che si estende per altri cinque chilometri, nei cui dintorni sorgono varie postazioni dei miliziani del califfato, bombardate in queste ore dai raid aerei della coalizione. L’avanzata resta comunque complicata, dal momento che i miliziani fedeli ad al-Baghdadi hanno disseminato le strade e i villaggi di avvicinamento a Mosul di camion bomba, cecchini e mine.
L’incendio alla fabbrica di zolfo a sud di Mosul: “Gas velenosi, area contaminata” – Desta sempre maggiore preoccupazione l’incendio ad una fabbrica di solfati a Mishraq, a sud di Mosul, appiccato dai miliziani dell’Isis giovedì, nel corso della loro ritirata. Il deposito di zolfo dato alle fiamme si trova nei pressi della base di Qayyara, che ospita truppe americane e irachene. “L’incendio è fuori controllo e provoca la diffusione nell’aria di gas velenosi“, ha spiegato Abdul Rahman al Wagga, membro del consiglio provinciale di Ninive, chiedendo al governo di Baghdad di inviare personale specializzato. Centinaia le persone che hanno accusato problemi respiratori, e almeno otto sono state ricoverate, in gravi condizioni, negli ospedali di Irbil, secondo quanto riferito dal direttore della sanità della regione, Jairi Awad al Jafaye, il quale ha prospettato il rischio di una “catastrofe umanitaria” nel caso in cui gli incendi non venissero domati a breve. Operazioni, quelle di spegnimento, che però si preannunciano lunghe: secondo funzionari americani potrebbero durare 2 o 3 giorni, nonostante l’impiego di 10 squadre di pompieri. Il sindaco di Qayyara, Saleh al Yaburi, ha dichiarato che i fumi dell’incendio sono “velenosi” e hanno causato “asfissia agli abitanti delle zone vicine”, aggiungendo che la località è “totalmente contaminata”.
Giornalista iracheno morto – Un giornalista iracheno, Ali Raysan, è stato ucciso nei pressi di Mosul, mentre era al lavoro per documentare la battaglia in corso nella zona di al-Shura, a sud di Mosul. A darne notizia è Sumaria Tv, l’emittente per la quale l’uomo lavorava. Si tratta del secondo giornalista caduto vittima degli scontri armati nel nord dell’Iraq in 2 giorni. Venerdì un collaboratore di Turkmeneli Tv, è morto a Kirkuk dopo esser stato colpito – secondo il canale d’informazione – da un cecchino dell’Isis.
Mondo
Mosul, Isis uccide 284 civili. “Uomini e bambini, presi come scudi umani e gettati in una fossa comune”
La strage è una risposta all'avanzata della coalizione internazionale verso la roccaforte jihadista nel nord dell'Iraq. L'Onu nelle scorse ore ha lanciato un altro allarme: 550 famiglie sono state catturate dagli uomini del califfato nei villaggi di Samalia e Najafia. Intanto le truppe della coalizione conquistano villaggi a sud del capoluogo del distretto di Ninive. Incendiata dai miliziani del califfato una fabbrica di zolfo vicino la base aerea che ospita militari iracheni e americani
Un’esecuzione di massa in risposta all’avanzata della coalizione internazionale verso Mosul. Mentre l’esercito regolare di Baghdad si avvicina alla roccaforte jihadista nel nord dell’Iraq, l’Isis uccide 284 civili, tra cui vari bambini. Lo riferisce la Cnn, citando fonti dell’intelligence irachena, secondo cui le vittime erano state catturate nella città assediata e nei suoi dintorni, per essere utilizzati come scudi umani contro gli attacchi che stanno spingendo le forze del Califfato fuori dalla zona meridionale di Mosul. L’Isis, secondo l’emittente americana, ha utilizzato una ruspa per scaricare i cadaveri in una fossa comune nei pressi del luogo dell’esecuzione, avvenuta all’interno dell’ex Collegio di Agricoltura di Mosul. Le vittime, alcune delle quali bambini, sono state colpite con colpi di pistola, secondo quanto riferito da una fonte anonima.
L’allarme dell’Onu: “550 famiglie ostaggio dell’Isis – “L’Onu aveva già lanciato l’allarme, dicendosi “gravemente preoccupata” per il fatto che l’Isis aveva preso in ostaggio 550 famiglie nei villaggi intorno Mosul, e li stava utilizzando come scudi umani. Le catture, avvenute lunedì scorso nei centri abitati di Samalia e Najafia, fanno parte di quella che sembra “una apparente strategia messa in atto dall’Isis di vietare la fuga dei civili”, secondo le parole di Ravina Shamdasani, vice-portavoce dell’Ufficio per i Diritti umani delle Nazioni Unite.
La battaglia di Kirkuk – I nuovi atti di violenza da parte dell’Isis seguono l’escalation militare che interessa il nord dell’Iraq da vari giorni. Dopo l’avanzata della coalizione internazionale, che vede militari italiani impegnati in prima fila, verso Mosul, Daesh ha reagito venerdì con un attacco a Kirkuk, città controllata dalle forze curdo-irachene, al confine con la regione autonoma del Kurdistan, dove gli scontri armati sono ripresi in mattinata. La tv curda Rudaw riferische che alcuni jihadisti restano barricati all’interno di una scuola; e nel frattempo, riporta Al Jazeera, “sparatorie sono ancora udite nelle stesse aree degli scontri di ieri, anche se con minore intensità”. Nella battaglia, secondo le fonti dell’agenzia Dpa, sono morti almeno 47 militari iracheni e 30 combattenti di Daesh. Il leader del Kurdistan iracheno, Masoud Barzani, in riferimento alla controffensiva jihadista parla di “un tentativo fallito da parte dei terroristi di rimediare alle sconfitte subite per mano dei peshmerga al fronte”. “Kirkuk – ha proseguito Barzani – va protetta a tutti i costi e non dovrà mai più cadere nelle mani del nemico”. Per questo le autorità di Kirkuk hanno pieni poteri per “adottare le misure necessarie per un nuovo piano di sicurezza per la città in modo da evitare attacchi terroristici e proteggere la popolazione della zona”.
Le forze irachene avanzano a sud di Mosul – All’attacco dell’Isis su Kirkuk le forze irachene hanno risposto annunciando nuove conquiste nell’area intorno a Mosul. Conquiste che hanno permesso alle truppe dell’esercito regolare di prendere il controllo sulla cittadina di Hamdaniyah, centro pressoché disabitato a sud-ovest della roccaforte dei jihadisti, e sulla vicina regione cristiana intorno a Qaraqosh. Secondo la tv di Stato al-Iraqiya, le truppe irachene sono riuscite ad avanzare con l’appoggio aereo della coalizione anti-Isis a guida Usa. Il governatore della regione locale, Faisal Iskandar, ha sottolineato che l’esercito ha preso il controllo dell’ospedale e del municipio. Le forze di sicurezza irachene avevano già assaltato tre giorni fa la città da sud, ma si erano dovute ritirare per la resistenza dei jihadisti. La bandiera irachena sventola intanto anche sulla chiesa di Bertella, uno dei principali villaggi cristiani a una decina di chilometri a sud-est di Mosul. L’edificio si trova a circa un chilometro dall’ingresso del villaggio che si estende per altri cinque chilometri, nei cui dintorni sorgono varie postazioni dei miliziani del califfato, bombardate in queste ore dai raid aerei della coalizione. L’avanzata resta comunque complicata, dal momento che i miliziani fedeli ad al-Baghdadi hanno disseminato le strade e i villaggi di avvicinamento a Mosul di camion bomba, cecchini e mine.
L’incendio alla fabbrica di zolfo a sud di Mosul: “Gas velenosi, area contaminata” – Desta sempre maggiore preoccupazione l’incendio ad una fabbrica di solfati a Mishraq, a sud di Mosul, appiccato dai miliziani dell’Isis giovedì, nel corso della loro ritirata. Il deposito di zolfo dato alle fiamme si trova nei pressi della base di Qayyara, che ospita truppe americane e irachene. “L’incendio è fuori controllo e provoca la diffusione nell’aria di gas velenosi“, ha spiegato Abdul Rahman al Wagga, membro del consiglio provinciale di Ninive, chiedendo al governo di Baghdad di inviare personale specializzato. Centinaia le persone che hanno accusato problemi respiratori, e almeno otto sono state ricoverate, in gravi condizioni, negli ospedali di Irbil, secondo quanto riferito dal direttore della sanità della regione, Jairi Awad al Jafaye, il quale ha prospettato il rischio di una “catastrofe umanitaria” nel caso in cui gli incendi non venissero domati a breve. Operazioni, quelle di spegnimento, che però si preannunciano lunghe: secondo funzionari americani potrebbero durare 2 o 3 giorni, nonostante l’impiego di 10 squadre di pompieri. Il sindaco di Qayyara, Saleh al Yaburi, ha dichiarato che i fumi dell’incendio sono “velenosi” e hanno causato “asfissia agli abitanti delle zone vicine”, aggiungendo che la località è “totalmente contaminata”.
Giornalista iracheno morto – Un giornalista iracheno, Ali Raysan, è stato ucciso nei pressi di Mosul, mentre era al lavoro per documentare la battaglia in corso nella zona di al-Shura, a sud di Mosul. A darne notizia è Sumaria Tv, l’emittente per la quale l’uomo lavorava. Si tratta del secondo giornalista caduto vittima degli scontri armati nel nord dell’Iraq in 2 giorni. Venerdì un collaboratore di Turkmeneli Tv, è morto a Kirkuk dopo esser stato colpito – secondo il canale d’informazione – da un cecchino dell’Isis.
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Il Cairo, 4 mar. (Adnkronos) - I leader arabi concordano di istituire un fondo fiduciario per finanziare la ricostruzione della Striscia di Gaza, devastata dalla guerra, sollecitando il contributo internazionale per accelerare il processo di ricostruzione. Secondo il comunicato finale del vertice della Lega araba al Cairo, visionato dall'Afp, il fondo "riceverà impegni finanziari da tutti i paesi donatori e dalle istituzioni finanziarie" per realizzare progetti di ricostruzione nel territorio.
Tel Aviv, 4 mar. (Adnkronos) - Il Ministero degli Esteri israeliano afferma che la dichiarazione del vertice arabo tenutosi al Cairo per discutere della ricostruzione di Gaza non ha affrontato la realtà della situazione successiva al massacro perpetrato da Hamas il 7 ottobre 2023. "È degno di nota che il feroce attacco terroristico di Hamas non venga menzionato e che non vi sia nemmeno una condanna di questa entità terroristica omicida, nonostante le atrocità documentate", afferma la dichiarazione.
il ministero elogia invece il piano del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di trasferire i cittadini di Gaza, sostenendo — nonostante Trump parli di trasferire tutta la popolazione della Striscia — che in base a questo, "c'è un'opportunità per i cittadini di Gaza di scegliere liberamente. Questo deve essere incoraggiato".
Sana'a, 4 mar. (Adnkronos) - Gli Houthi hanno abbattuto un drone statunitense nei cieli della città portuale di Hodeidah nello Yemen. Lo ha dichiarato portavoce del gruppo, Yahya Saree, in un post su Telegram.
Washington, 4 mar. (Adnkronos) - Secondo due fonti informate sui colloqui, gli Stati Uniti e l'Ucraina potrebbero firmare l'accordo sui minerali già oggi. Lo rende noto Abc News, secondo cui Trump ha indicato ai suoi principali consiglieri che vorrebbe concludere l'accordo prima del suo discorso congiunto al Congresso.
Il Cairo, 4 mar. (Adnkronos) - Il vertice arabo convocato al Cairo ha adottato un piano egiziano per la ricostruzione di Gaza. Lo ha affermato il presidente egiziano Abdel-Fattah al-Sisi in una dichiarazione conclusiva. Il piano mira a contrastare le proposte del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per una "Riviera mediorientale" con un piano per ricostruire la Striscia devastata senza sfollare la sua popolazione.
Parigi, 4 mar. (Adnkronos/Afp) - Il presidente francese Emmanuel Macron ha accolto con favore la volontà del suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky “di riprendere il dialogo con gli Stati Uniti d'America”, secondo quanto riferito dall'Eliseo.
Il capo di Stato “ha ribadito la determinazione della Francia a lavorare con tutte le parti interessate per attuare una pace solida e duratura in Ucraina”, ha dichiarato la presidenza.
Roma, 4 mar. (Adnkronos) - Elly Schlein è netta sul piano lanciato oggi da Ursula Von der Leyen. "Noi non ci stiamo", la posizione della segretaria del Pd. Una linea che, pur con sfumature diverse, trova d'accordo anche l'area riformista dem. Servono "modifiche", dice Lorenzo Guerini. In particolare, a mettere tutti d'accordo è la bocciatura della proposta della presidente della Commissione Ue sulla possibilità di dirottare i fondi di Coesione sulle spese per la difesa. E non solo. Anche la deroga al patto di Stabilità da parte dei singoli Stati, fuori da regia e investimenti comuni sulla difesa, è giudicata un errore trasversalmente tra i dem.
Schlein ha già annunciato che porterà la posizione del Pd alla riunione dei Socialisti e Democratici giovedì mattina a Bruxelles, il pre-vertice che precede il Consiglio europeo straordinario. In vista dell'appuntamento Schlein oggi ha sentito il premier spagnolo Pedro Sanchez. "Una lunga conversazione sullo scenario internazionale e la complicata situazione mondiale", fanno sapere fonti dem. Quella del Pd è la delegazione più numerosa nella famiglia socialista europea. Senza l'ok dei socialisti il piano Von der Leyen traballa. "È il momento delle scelte e della chiarezza. Abbiamo bisogno di una risposta all'altezza della sfida globale - strategica, economica, politica - al ruolo dell'Europa nel mondo. E questa risposta non è quella presentata oggi", rimarca Schlein.
Negli equilibri interni al Pd, la sollecitazione dei riformisti è quella di lavorare per modificare il piano Von der Leyen, "aiutare ad andare nella direzione giusta" ed evitare che ci si arrocchi in un "no a tutti i costi". L'importante, si spiega, "è non mettere in discussione la necessità dell'aumento di risorse per la difesa europea". Per Guerini si tratta di un'esigenza "ineludibile". Quindi la sollecitazione del presidente del Copasir: "Ora bisogna mettersi al lavoro, innanzitutto all’interno del Pse, per confermare in maniera convinta il nostro impegno per maggiori investimenti e capacità militari europee provando a dare un indirizzo più coerente agli strumenti per farlo".
Per Schlein "quella presentata oggi da Von Der Leyen non è la strada che serve all’Europa. All’Unione europea serve la difesa comune, non il riarmo nazionale. Sono due cose molto diverse". Anche il titolo 'Rearm' ha fatto sobbalzare più di uno e anche la segretaria lo mette in evidenza. "Il piano Von Der Leyen, a partire dal titolo, punta sul riarmo e non emerge un indirizzo politico chiaro verso la difesa comune".
Quindi elenca i nodi: "Indica una serie di strumenti che agevolerebbero la spesa nazionale ma senza porre condizioni sui progetti comuni, sull’interoperabilità dei sistemi. Ci sono molti aspetti da chiarire, ad esempio su come funzionerebbe il nuovo meccanismo in stile Sure, per capire se finanzia progetti comuni o spesa nazionale. Ma questa -avverte- non è la strada giusta. Manca ancora la volontà politica dei governi di fare davvero una difesa comune e in questo piano della Commissione mancano gli investimenti europei finanziati dal debito comune, come durante la pandemia. Così rischia di diventare il mero riarmo nazionale di 27 paesi e noi non ci stiamo".
"Noi -insiste- abbiamo un’idea precisa. Quello che serve oggi è un grande piano di investimenti comuni per l’autonomia strategica dell’Ue, che è insieme cooperazione industriale, coesione sociale, transizione ambientale e digitale, sicurezza energetica e anche difesa comune. Anche, ma non solo! Magari cancellando le altre cruciali priorità su cui i governi sono più divisi. È irrinunciabile contrastare le diseguaglianze che sono aumentate. Per questo è inaccettabile utilizzare i fondi di coesione per finanziare le spese militari nazionali".
Punti critici che vengono rilevati anche dai riformisti. Per Guerini "la proposta Von der Leyen definisce giustamente l’obiettivo in termini di risorse", ma "così come è stata prospettata necessita di essere modificata: è sbagliato l’utilizzo dei fondi di coesione e c’è poco coraggio a sostenere un vero salto in senso europeo delle spese per la difesa". Avverte Alessandro Alfieri: gli strumenti "che mettiamo in campo devono portare ad una maggiore integrazione delle principali aziende della difesa europea. In questo senso, se non vengono messe condizionalità alle deroghe al patto di stabilità, l’aumento dei bilanci dei singoli Paesi verrà speso prevalentemente su mercati extra Ue, da cui oggi dipendiamo per l’80%. Aumentando la dipendenza strategica dagli Usa anziché diminuirla".
Per il coordinatore della minoranza dem, il Pd non dovrà far "mancare il proprio contributo in tutte le sedi così come spiegheremo che serve una narrazione diversa che convinca le opinioni pubbliche europee a sostenere la sfida ineludibile della costruzione della difesa europea. Magari chiamando questa sfida Protect Europe invece di Rearm. Perché anche il linguaggio ha la sua importanza...”.
Interviene anche Giorgio Gori a sollevare criticità: sarebbe "un errore - ritengo, da parte della Commissione Europea - autorizzare maggiori spese per la difesa dei singoli Stati membri, in deroga al patto di stabilità, fuori da una comune regia. Ciò finirebbe per approfondire la frammentazione, senza apprezzabili benefici per la sicurezza comune. La deroga dal patto dovrebbe invece essere autorizzata solo per gli investimenti comuni: così si porrebbero le condizioni per l'avvio di un vero sistema di difesa europeo". E poi "ugualmente discutibile appare poi la contrapposizione tra spesa per la difesa e spesa sociale, suggerita dalla facoltà per gli Stati membri di attingere ai fondi per la coesione". Intanto questa mattina la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno ha lanciato un appello via social per un'Europa 'Libera e forte' in 5 punti, difesa comune compresa. Oltre duemila, finora, le adesioni.