2 Joey detto “labbra”, Jimmy Rabbitte, Outspan Foster, Imelda e gli altri. Quando rivedi in fila il cast de The Commitments, pensi a chi erano questi ragazzi e ragazze prima di girare, e cosa sono diventati poi, la magia dell’amatorialità che si fa cinema, supera perfino l’immediatezza di Lamberto Maggiorani ed Enzo Staiola in Ladri di biciclette. C’è un bell’articolo che ricorda che fine hanno fatto gli attori dopo la gloria del set: qualche velleità da set perfino hollywoodiano (le tre coriste Angeline Ball, Bronagh Gallagher e Maria Doyle Kennedy); il dramma di Dave Finnegan, il folle Mickey Wallace, guardaspalle e batterista della band, che non registrò da musicista il soundtrack non ricevendo così nessuna royalties e finendo in una spirale di alcol e suicidi da spavento; o Michael Aherne/il pianista Steven Clifford tornato in ufficio il lunedì dopo la fine delle riprese al suo lavoro di ingegnere civile. Anche se la storie più “musicali” da ricordare sono la voce tonante di Andrew Strong, all’epoca delle riprese 16enne, trovato per caso (il leader della band doveva essere inizialmente Robert Artkins/Jimmy Rabbitte), ma che poi non ha avuto la fortuna che doveva (notevole l’album da solista Strong, poi cosucce sparse in Danimarca dov’è andato a vivere con la fidanzata); la carriera indie del chitarrista Glen Hansard che, dopo il film di Parker, ha continuato la sua vita da busker con The Frames incontrando nel 2006 un altro script, quello di Once, che l’ha definitivamente consacrato come musicista di rango tanto da vincere un Oscar con la miglior canzone originale tratta dal film; e la parabola triste di Johnny Murphy, colui che nel film doveva essere il più esperto, la tromba di All you need is love dei Beatles e che ha battezzato Steve Wonder “un pupo”, ma che in realtà era forse il meno capace a livello di esperienza musicale, tanto che nel suo ruolo, poi interpretato con ambigua e sognante grazia, all’inizio doveva finirci nientemeno che un’artista del calibro di Van Morrison.