3 Il film musicale che non t’aspetti. C’è una magia che nessuno vuole ammettere in questa produzione apparentemente minore, con un “povero” set dublinese fatto di principianti, e un regista che già aveva avuto la fortuna dovuta ad Hollywood (Fuga di mezzanotte, Angel Heart, Mississipi Burning), e già aveva girato un “musical” come Fame. The Commitments palpita del ritmo dei suoi brani musicali soul con un’omogeneità tra narrazione e musica, e una naturalezza recitativa e psicologica dei personaggi, che mai nessun altro titolo aveva registrato prima (e mai registrerà dopo). A parte alcuni sprazzi di coreografie legate alle prove dei vari componenti del gruppo, quindi nulla sopra le righe della verosimiglianza o dei più classici numeri da musical, in The Commitments lo spettatore vive la scarica elettrica delle esecuzioni soul, ne registra gradualmente i miglioramenti e i risultati raggiunti dalla band giorno dopo giorno, quasi ne facesse parte. I brani eseguiti in scena, infatti, a livello di suono, sono corretti in post produzione talvolta senza scrupoli (la sezione fiati ad esempio ha note basse da sax baritono che ovviamente non appare sul set), ma la Commitments mania fu talmente ipnotica e trascinante che dopo il film nacque un vero e proprio rebirth of soul tra band amatoriali di tutta Europa. La cura set a livello di esecuzione che contagiò tante soul band sparse, la si comprende recuperando una performance live degli attori in uno dei pub set del film, pochi mesi dopo la fine delle riprese. Infine, lo humor del papà di Jimmy, mister Rabbitte (il rosso Colm Meaney poi divenuta star mondiale), adoratore di Elvis, guarda andar via il matusa Joey “labbra” e, dialogando col figlio certifica il mito ruspante e popolare di The Commitments: “Chi era?”, “Mah uno.. dice che l’ha mandato il Signore”, “Su una moto Suzuki?!…allora sì che gli U2 si cacheranno sotto!”.