Dopo l’allarme e le polemiche sull’utilità e la trasparenza della voluntary disclosure salta la flat tax al 35% sull’emersione del contante. Il governo avrebbe deciso di cambiare rotta sulla parte più contestata della voluntary-bis, già ribattezzata norma “salva-Corona”, inserita nel decreto fiscale collegato alla legge di bilancio. Per far tornare i conti della manovra, il governo Renzi aveva pensato al solito stratagemma, quello che l’anno scorso permise di far rientrare in Italia 60 miliardi portandone 4 nelle casse dell’Erario, ma il provvedimento è apparso poco appetibile se non per i “criminali organizzati”.
A motivare la decisione del governo, secondo un retroscena riportato da La Repubblica, è intervenuto il pressing del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il premier, si legge, ha rivendicato la sua scelta, facendo sapere ai suoi collaboratori di aver agito in modo autonomo e senza alcuna imposizione. Ma le indiscrezioni raccolte dal quotidiano di Largo Fochetti rivelano, “pur senza conferme ufficiali”, la “perplessità” del del Quirinale, nonché quella del ministero dell’Economia, su una misura che veniva vista come “l’ennesima sanatoria”.
La versione definitiva del decreto fiscale, che sembra essere ormai quasi alle ultime battute, tornerebbe quindi al rientro dei capitali prima maniera, quello del 2015, che non prevedeva un’aliquota forfait ma il normale calcolo delle somme emerse nella tassazione progressiva per fasce di reddito. Allo stesso tempo, dovrebbe essere confermato l’obbligo di dichiarare, sotto la diretta responsabilità del contribuente, la provenienza del denaro.
Le norme scritte nero su bianco non sono però ancora visibili. Passata una settimana dall’approvazione in Consiglio dei ministri, i testi della legge di bilancio e del decreto non sono stati infatti ancora trasmessi alle Camere. Per l’arrivo in Parlamento, inizialmente previsto per giovedì, bisognerà attendere la prossima settimana. Secondo fonti di governo, il giorno giusto potrebbe essere martedì. Anche se c’è chi ritiene che il decreto fiscale potrebbe godere di una corsia preferenziale ed arrivare in tempi più stretti. Il cantiere della sburocratizzazione del fisco è aperto anche sul fronte delle scadenze. L’obiettivo, indicato dal viceministro dell’Economia Luigi Casero, è quello di evitare l’anno prossimo il fatidico ‘tax day’ e di diluire i versamenti, anche per non essere costretti, come ormai consuetudine, a concedere inevitabili e richiestissime proroghe in corso d’opera.
La proposta di “uscire dalla scadenza unica” del 16 giugno “è accettabile e praticabile”, ha spiegato Casero, ipotizzando come date aggiuntive il 30 giugno o il 15 luglio. “Lo dobbiamo decidere in questi giorni, con due principi comunque intangibili: – ha puntualizzato – le eventuali novità non devono introdurre oneri per il bilancio pubblico e devono avere scadenze praticabili per l’Agenzia delle entrate”.
Sul fronte caldo delle cartelle arrivano intanto i nuovi dati di Equitalia. La “finestra” che concedeva 60 giorni di tempo a quei contribuenti che erano decaduti dal proprio piano di rateizzazione concordato con la società di riscossione si è chiusa il 20 ottobre scorso con un vero e proprio boom: circa 100mila richieste di riammissione alla rateizzazione. Dal 20 agosto scorso, sono stati rimessi in rateizzazione circa 3 miliardi, anche se per il dato definitivo bisognerà attendere che sia lavorata l’ultima parte, il 5% del totale, delle istanze pervenute.