L’Europa è al bivio e “deve scegliere da che parte stare”. O accetta “che il nostro deficit passi dal 2 al 2,3 per cento del Pil per far fronte all’emergenza terremoto e a quella dei migranti“. Oppure può optare per l’Ungheria di Orban, “quella che ai migranti oppone i muri, e che va rigettata. Ma così sarebbe l’inizio della fine”. Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan in un’intervista a Repubblica parla della legge di bilancio, sulla quale la Commissione – secondo quanto emerso negli ultimi giorni – avrebbe espresso dubbi. Tutti rispediti al mittente anche da Matteo Renzi, secondo cui al limite l’Ue può fare “una lettera sulla manovra italiana chiedendo maggiori spiegazioni, ma la sostanza non cambia“. E anche Padoan difende la legge di bilancio, che accoglie le indicazioni uscite dal G20, “indirizzate alla crescita, contro l’austerità e per contrastare le disuguaglianze” e che, quindi, “può essere un modello per l’Europa“.
Un’intervista in cui si leva “qualcuno dei tanti sassolini rimasti nelle scarpe” perché, dice, in molti “hanno guardato al dito più che alla luna, e la luna è una manovra con meno tasse e più attenzione alla crescita, in coerenza con quello che abbiamo già fatto negli anni passati”. In merito alle previsioni del Pil all’1% nel 2017 parla di “stima prudente” e mette al centro l’Europa: “Oggi il problema – ha sottolineato – non è” dirle “sì o no”, “ma dire sì a un’Europa diversa, che non stia ferma e invece si muova”. Il ministro bolla come “ridicole” le accuse di mance e condoni in vista del referendum, al quale voterà con “un sì convinto, perché la riforma costituzionale avrà un effetto di traino su tutte le altre riforme”.
Poi, in merito alle polemiche sulle indicazioni iniziali della voluntary disclosure, chiarisce che il governo ha deciso l’eliminazione del forfait del 35% sul contante emerso non perché favorisse gli evasori, ma “per non dare adito nemmeno al minimo sospetto di voler favorire chi non rispetta le regole”. E, dopo la firma del presidente della Repubblica al decreto fiscale, spiega che per la legge di Bilancio “bisognerà aspettare ancora qualche giorno, ma non è sospesa in attesa di indicazioni o telefonate da Bruxelles: si tratta solo di un maggior lavoro di contabilità e di coordinamento per la Ragioneria generale dovuto alla nuova normativa”.
Sul deficit strutturale spiega che l’Italia ha “aperto una discussione per cambiare il metodo di calcolo, che secondo noi non misura la realtà delle cose”. E aggiunge: “Ci sono otto paesi che chiedono la modifica ed altri se ne sono aggiunti verbalmente negli ultimi giorni ma inspiegabilmente non si procede”. Definisce il rapporto con Renzi “dialettico e collaborativo” anche se riserva a se stesso il ruolo del “Signor No con i colleghi di governo”, quando deve ricordare loro “il debito e l’occhio dei mercati”. Infine, interviene anche sulle critiche espresse da Tito Boeri sulla manovra, orientata alle pensioni e senza attenzione per giovani e lavoro. “Alcune delle proposte di riforma della previdenza che proprio lui ha presentato nei mesi scorsi – ha detto Padoan riferendosi al presidente dell’Inps – avrebbero creato dei problemi importanti di appesantimento della spesa e messo a rischio i conti pubblici”.