Una parte del cimitero di Armo è stata dedicata ai migranti. Sono una cinquantina i “disperati” che sono morti in mare e che sono seppelliti nella frazione pedemontana di Reggio Calabria. Su alcune tombe c’è un nome e una fotografia che la polizia aveva trovato in tasca ai migranti. Su altre solo un numero. “Quasi tutti i familiari delle persone seppellite qui non sanno che fine hanno fatto”, spiega don Alain Mutela, il parroco di Armo originario del Congo. “Questi fratelli hanno pagato per trovare la morte. – aggiunge – L’amministrazione comunale ha deciso di dare loro una sepoltura e di questo siamo grati. La comunità calabrese ha dimostrato una grande accoglienza restituendo una parte di dignità a questi uomini e a queste donne. A giugno dell’anno scorso hanno portato 45 salme ma prima c’erano già dieci loculi”. Nei giorni scorsi, alcuni volontari hanno aiutato don Alain a sistemare questa parte di cimitero: “Quello che mi ha colpito che a dare una mano sono state soprattuto persone anziane che hanno problemi alle articolazioni e alla schiena. Eppure sono venute qui a pulite. Da immigrato, ho la conferma di quanto l’Italia sia un paese che ospita”. Il parroco di Armo si sofferma anche sul fenomeno dell’immigrazione: “Da soli i paesi dell’Africa non ce la possono fare. Abbiamo bisogno della comunità internazionale. Ma quando questa o alcune potenze occulte mantengono al potere i dittatori e finanziano il commercio delle armi, è normale che ci dobbiamo aspettare questo flusso immigratorio che non ha precedenti. Questo cimitero diventerà una sorta di santuario per dimostrare che tipo di male l’uomo può produrre. È la dimostrazione delle ingiustizie nazionali e internazionali”. E Salvini? “Quando dice di aiutare gli immigrati a casa loro. – aggiunge il giovane parrocco – Sono d’accordo. Ma queste frasi rimangono solo degli slogan vuoti”
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