Dopo l’anteprima mondiale alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, è arrivata anche sugli schermi di tutta Italia la nuova serie targata HBO di Paolo Sorrentino, The Young Pope. Le prime due puntate della stagione, trasmessa in esclusiva da Sky, hanno fatto già segnare numeri da record ed il tam tam mediatico post visione è impazzato sui social per tutte le ore a seguire, generando, come al solito accade con Sorrentino, profonde spaccature e animate discussioni, anche se stavolta il fronte dei consensi sembra avere di gran lunga la meglio rispetto a quello dei detrattori. Ciò che davvero è fuori discussione è la capacità di Sorrentino di sorprendere e di generare intorno a sé un clamore davvero dimenticato per il prodotto audiovisivo italiano.
La figura centrale di questa nuova sfida intrapresa dal regista partenopeo è Jude Law, che da anni non si vedeva a livelli così sopraffini di recitazione e che nell’occasione interpreta Lenny Belardo, alias Pio XIII, il primo Papa americano nella storia. Giovane e affascinante, la sua elezione sembra essere il risultato di una strategia mediatica semplice ma efficace da parte del Collegio cardinalizio. Le apparenze però, possono ingannare. Soprattutto nel luogo e tra le persone che hanno scelto il grande mistero di Dio come bussola per la propria esistenza. Quel luogo è il Vaticano e quelle persone sono i leader della Chiesa. Lenny Belardo dimostra di essere il più misterioso e contraddittorio di tutti. Sagace e ingenuo, ironico e pedante, primordiale e all’avanguardia, dubbioso e risoluto, malinconico e spietato, il giovane papa cerca di attraversare il fiume senza fine della solitudine umana per trovare un Dio da dare all’umanità e soprattutto a se stesso. The young pope pone domande provocatorie sulla natura del potere e della fede e affonda il proprio sguardo chirurgico sul ruolo della Chiesa cattolica nel XXI secolo.
Sorrentino si conferma una mente insaziabile di visioni e la sua immaginazione sembra non avere confini. Basterebbe la scena d’apertura, quando l’appena eletto Pio XIII striscia fuori da una pila di bambini nudi a forma di albero di Natale nel mezzo di Piazza San Marco, per far capire la portata della sua impressionante capacità visionaria. Stavolta però, nonostante la pletora di immagini e la cura magistrale nella composizione delle inquadrature, la sua firma si snellisce di eccessivi barocchismi a favore di uno spirito ironico mordente e di un ritmo che si plasma all’andamento incalzante della serialità. Momenti surreali, svolazzi spiritosi, situazioni paradossali, personaggi verosimili nella loro totale inverosimiglianza si addensano armoniosamente nell’universo sorrentiniano e un senso di mistero pervade la visione per tutto il tempo. Niente è come sembra, e i contrasti che animano i personaggi diventano il cuore pulsante di un prodotto che fino a questo momento cattura, sorprende e stupisce.
Non è ancora tempo di fare bilanci e trarre conclusioni definitive, ma se queste sono le premesse, Sorrentino potrebbe aver centrato il bersaglio ancora una volta, e potremmo trovarci di fronte ad una nuova pagina rivoluzionaria della serialità italiana. Non rimane che aspettare i nuovi sviluppi.