E’ desiderio comune chiudere Equitalia perché è noto come nell’ultimo periodo abbia mostrato un volto disinvolto ed aggressivo. Ma l’annuncio di chiuderla è solo una marchetta elettorale, peraltro assai confusa (con l’assorbimento da parte dell’Agenzia delle Entrate o con la creazione di una nuova Agenzia che sarà un Ente pubblico non economico; mentre nulla si dice sulle procedure di riscossione, il vero nodo gordiano). Un gattopardismo che ben rappresenta tutti i mali della nostra cultura, o il gioco delle tre carte del noto biscazziere, che determinerà solo una traslazione dei dipendenti (così come ben riassunto nella splendida vignetta concessa dal grande Bruno Bozzetto).
Tuttavia la grave patologia del rapporto fisco/contribuenti vede solo l’apice in Equitalia ma in realtà andrebbe ristrutturata nel profondo, semplicemente rispettando quanto sancito dalla carta costituzionale: 1) realizzare la progressività fiscale; 2) scrivere norme chiare, rispettando con assoluto rigore la riserva di legge; 3) creare un giudice tributario dotato di terzietà. Non ultimo pure un fisco equo, con una imposizione ragionevole, che si accompagni ad uno Stato ben amministrato (che non dissipi e non sperperi in corruzione ed opere inutili) e che sappia restituire quanto preleva.
Oggi nello Stato libero di Bananas i suddetti tre sacri principi sono manifestamente violati. Non c’è progressività, non viene rispettata la riserva di legge poiché governo e finanche l’Agenzia delle Entrate si ergono a legislatori, per non parlare poi dell’assenza assoluta della terzietà dei giudici tributari che dipendono direttamente dall’Amministrazione finanziaria che devono poi giudicare! Si sfiora il surreale, il grottesco, l’illegittimità fattasi sistema.
Ciò significa che diritti anche fondamentali sono ologrammi.
Tali gravi patologie son state ancora da ultimo denunciate dagli avvocati tributaristi (Unione Camere Tributarie) che a fine settembre a Palermo hanno dedicato il congresso alla “Giustizia tributaria: doveri e diritti dei contribuenti”, avanzando nuovamente proposte di riforma radicale.
Facciamo chiarezza su come sia organizzato il fisco oggi. Il Parlamento dovrebbe esclusivamente legiferare in materia, sancendo chi e come debba pagare. Peccato che sia invece l’Esecutivo (e di poi l’Agenzia delle Entrate con le sue note circolari) a voler dettare il contenuto effettivo delle norme.
In cima abbiamo il Ministero delle Finanze e sotto l’Agenzia delle Entrate (operativa dall’1.1.2001) che svolge le funzioni relative ad accertamenti e controlli fiscali, con la gestione dei tributi. L’Agenzia dunque è il principale ente impositore e garantisce gli adempimenti degli obblighi fiscali da parte dei contribuenti, svolgendo poi altri servizi (catasto, etc.).
Il gruppo Equitalia invece (creato in modo discutibile, giusto per aggravare il rapporto tra Agenzia Entrate/Equitalia in danno dei contribuenti) esercita la riscossione dei tributi sull’intero territorio nazionale, esclusa la regione Sicilia, ed è organizzata in: Holding Equitalia SpA; Equitalia Servizi di riscossione SpA; Equitalia Giustizia SpA. Equitalia SpA è stata istituita nel 2005 ed è una società a totale capitale pubblico (51% Agenzia delle Entrate e 49% Inps) e svolge il suo ruolo istituzionale tramite Equitalia Servizi di riscossione SpA che dal primo luglio 2016 svolge il ruolo di Agente unico della riscossione e assorbe tutte le attività dei precedenti agenti della riscossione, attraverso la fusione per incorporazione di Equitalia Nord SpA, Equitalia Centro SpA e Equitalia Sud SpA. Poi abbiamo Equitalia Giustizia SpA, istituita nel 2008, che è il gestore del Fug (Fondo Unico di Giustizia), dove confluiscono le somme sequestrate nell’ambito di procedimenti penali e in applicazione delle misure di prevenzione antimafia, nonché i proventi derivanti dai beni confiscati alla criminalità organizzata. Equitalia dunque si occupa solo della riscossione.
Il contenzioso tributario è invece trattato di fronte alle Commissioni Tributarie (provinciali in primo grado e regionali in secondo grado). Incredibilmente invece di dipendere dal Ministero della Giustizia, esse dipendono dal Ministero delle Finanze che è di fatto spesso una delle parti processuali sulle quali devono decidere. Il conflitto d’interessi è imbarazzante.
Assai discutibile la stessa professionalità dei giudici tributari (dipendenti civili dello Stato o di altre amministrazioni pubbliche in servizio o a riposo che hanno prestato servizio per almeno dieci anni; ragionieri e periti commerciali che hanno esercitato per almeno dieci anni; iscritti nel ruolo o nel registro dei revisori ufficiali dei conti o dei revisori contabili, che hanno svolto almeno cinque anni; abilitati all’insegnamento in materie giuridiche, economiche o tecnico-ragionieristiche ed esercitato per almeno cinque anni; ingegneri, architetti, geometri, periti edili, periti industriali, dottori agronomi, agrotecnici e periti agrari che hanno esercitato per almeno dieci anni).
Ricordiamo poi che circa il 50% dei contenziosi vede come soccombenti gli Enti impositori e gli agenti della riscossione e questo ciò nonostante la partita sia gravemente truccata e, oltre al danno la beffa, perché se vinci come contribuente ti compensano le spese di lite così violando sistematicamente l’art. 92 cod. proc. civ..
Insomma altro che Equitalia, serve riformare alla radice il sistema fiscale, e per farlo occorre avere una politica complessiva e non una prospettiva sino al 4 dicembre.