L'organismo del Senato sta indagando per fare luce sulla tragedia di Livorno del 1991, quando 140 persone morirono a bordo del traghetto diretto a Olbia che finì contro una petroliera Agip
La commissione d’inchiesta sul Moby Prince esaminerà nella serata di oggi, 25 ottobre, una bozza di relazione di metà mandato. All’ordine del giorno c’è anche la votazione. Questo passaggio arriva a 15 mesi dall’avvio del lavoro dell’organismo del Senato per fare luce sulla tragedia avvenuta il 10 aprile 1991 nel mare di fronte a Livorno: quella sera il traghetto Moby Prince finì contro la petroliera Agip Abruzzo. Morirono 140 persone tra membri dell’equipaggio e passeggeri del traghetto. Ci fu un solo superstite, il mozzo della nave, Alessio Bertrand.
Il presidente della commissione, Bachisio Silvio Lai (Pd), aveva annunciato la discussione della bozza di relazione nel maggio scorso, ma finora il testo non era finito ancora in discussione. L’obiettivo è l’unanimità, così come la commissione è nata (l’istituzione è stata votata da tutti i partiti in Parlamento), ma non è detto che questo primo testo che fa il punto sul lavoro della commissione abbia i voti di tutti i gruppi parlamentari. Gli obiettivi che si è data la commissione sono parecchi e diversi: chiarire i tempi di sopravvivenza delle vittime del traghetto (per questo è stata affidata una nuova consulenza a un pool di esperti), accertare le cause della collisione e in particolare l’esatta posizione della petroliera alla fonda, la rotta del traghetto, il ruolo del personale della petroliera, quali eventi si verificarono a bordo della petroliera prima dell’incidente e quale fosse il carico effettivamente trasportato, le condizioni del traghetto e della petroliera, lo stato di efficienza delle dotazioni di sicurezza di bordo oltre a cause e responsabilità dell’inefficacia dei soccorsi, le reali motivazioni del proscioglimento dell’armatore Vincenzo Onorato, verificando anche eventuali episodi di manomissione sul relitto, eventuali responsabilità per depistaggi o occultamenti di prove e documenti, il ruolo delle navi ancorate in rada quella notte che la commissione può verificare chiedendo nuovi documenti a organismi civili e militari, anche sotto il profilo di video, foto, audio. Tutto questo la commissione deve farlo in 24 mesi (da delibera istitutiva): la scadenza è fissata all’estate prossima.
La commissione ha fino a ora ascoltato molti testimoni diretti dell’epoca, come l’allora comandante della Capitaneria di Livorno Sergio Albanese (a capo dei soccorsi), l’ex comandante provinciale dei vigili del fuoco Fabrizio Ceccherini, altri soccorritori tra rimorchiatori e ormeggiatori, i magistrati che condussero la prima inchiesta, i giudici del primo processo, periti medico-legali delle parti civili, ma anche avvocati, politici, ex dipendenti della Navarma (armatore del traghetto, ora diventata Moby Lines), testimoni oculari, periti della Procura. Tra le persone ascoltate anche alcuni “consulenti” tecnici il comandante provinciale dei vigili del fuoco Antonio La Malfa e l’ufficiale della Guardia Costiera Gregorio De Falco.
Ci sono stati anche momenti “complicati”, ma significativi della complessità del lavoro della commissione: i giudici che scrissero la sentenza di primo grado (nella quale gli imputati furono tutti assolti) si sono presentati ma non hanno voluto rispondere a nessuna domanda, mentre uno degli ormeggiatori (che quella sera gridò alla radio: “Il naufrago ci dice che ci sono ancora dei naufraghi da salvare!) ha negato le sue parole, nonostante fossero state registrate.