I quota 96 si rassegnino: i cosiddetti “esodati della scuola” dovranno rimanere in servizio, dove li ha bloccati la Legge Fornero, per qualche altro anno. L’ultimo treno per la pensione passerà con la Legge di stabilità 2017: dove loro, ancora una volta, non saranno inseriti nonostante mesi di audizioni e tentativi di trovare una soluzione. La pietra tombale alle loro speranze arriva da un parere dell’Inps, che ha ribadito ancora una volta quello che ha sempre sostenuto negli ultimi anni: i quota 96 sono 4mila o 9mila? Non esiste una stima attendibile del loro numero, non si sa quanto potrebbe costare un provvedimento di deroga che permetta di uscire subito dal mercato del lavoro. Quindi non se ne farà nulla.
La questione si trascina stancamente ormai da quattro anni: i quota 96 sono una delle tante categorie vittima di quel pasticcio della legge 92/2012, meglio nota come “Riforma Fornero”. Li hanno chiamati “esodati della scuola”, anche se loro al contrario degli esodati veri e propri sono rimasti bloccati in servizio. Migliaia di docenti che a ottobre 2011 avevano già fatto domanda di pensionamento perché avrebbero conseguito la quota entro la fine dell’anno scolastico. In mezzo, però, è caduta la riforma previdenziale, che non ha tenuto conto della specificità del mondo della scuola: rispetto agli altri dipendenti pubblici, infatti, i lavoratori della scuola hanno un’unica finestra di uscita, possono andare in pensione solo tra il 31 agosto e il 1° settembre, vista la necessità di non lasciare una classe a metà anno. Quindi per loro l’unità di misura valida è quella dell’anno scolastico, non dell’anno solare. Ma la Fornero se n’è dimenticata: e così questi insegnanti hanno visto dilatarsi la loro età pensionabile, anche di 5 o 6 anni.
Da allora i tentativi di trovare una soluzione sono stati molteplici, tra emendamenti e provvedimenti ad hoc. A febbraio 2014 era stato anche approvato un ddl a firma Pd-M5S alla Camera, poi però bloccato dalla Ragioneria dello Stato per ragioni di copertura economica e stralciato al Senato. Il parere del Ministero dell’Economia è sempre stato negativo, perché non si è mai trovata una risposta ad una semplice domanda: quanti sono i quota 96? Un censimento era stato anche fatto dal Ministero dell’Istruzione, che li aveva stimati fra i 3.500 e i 4mila. Ma il dato è solo presuntivo, è questo ha sempre permesso all’Inps di fare ostruzionismo, ritenendo che possano essere molti di più (fino a 9mila). Ed è la stessa posizione che l’Istituto ha ribadito anche in un parere della scorsa settimana, fornito al Ministero del Lavoro per rispondere ad un’interrogazione parlamentare del Movimento 5 stelle: l’Inps “ha reso noto che i dati esaminati non rivestono al momento un sufficiente grado di attendibilità. Per tale motivo, allo stato attuale non è possibile fornire una puntuale risposta”. Parole che suonano come una croce definitiva sulla questione.
I quota 96 non saranno neanche nella prossima manovra. Ormai non ammontano neanche a 2mila, quasi tutti uomini, considerato che dal 2012 alcuni di loro hanno già lasciato. Per mandarli in pensione ci vorrebbero meno dei 107 milioni di euro a regime quantificati per il piano a loro dedicato. Ma l’incertezza delle stime rende impossibile qualsiasi soluzione. “L’Inps effettivamente non ha materiale a sufficienza: bisogna ricostruire le carriere caso per caso e non è semplice, a volte anche un breve spezzone di supplenza può fare la differenza”, spiega Manuela Ghizzoni, senatrice Pd che si è a lungo occupata della vicenda. “Sarebbe bastato aprire una procedura apposita su Istanza online per avere una cifra precisa. Ma evidentemente non si è mai voluto farlo, è una sconfitta per la politica”.
“Ancora una volta la maggioranza dopo mille promesse ha deciso di abbandonare questi docenti al loro destino. È l’ennesimo segno dell’inaffidabilità di questo governo, che dei problemi concreti dei cittadini se ne infischia”, attacca Tiziana Ciprini, deputata del M5s. Così per i quota 96 tutto resta com’era. Qualcuno l’età pensionabile l’ha maturata comunque, alle maestre d’infanzia verrà riconosciuta la qualifica di mestiere usurante e quindi la possibilità di usufruire dell’Ape agevolata. Agli altri non resta che rimboccarsi le maniche, tornare in cattedra. E continuare a ringraziare la Fornero.