Circa 5 milioni di utenti avranno diritto al beneficio previsto da un decreto mirato al contrasto della morosità. L'associazione Codici: "Non sarà lo Stato a pagare, ma gli altri consumatori, su cui saranno spalmati maggiori costi". E il quadro è aggravato dalle condizioni degli acquedotti: secondo l'Autorità per l'energia "il 36% delle condotte risulta avere un’età compresa tra i 31 e i 50 anni e il 24% è più vecchio"
Arriva “la tariffa sociale” per chi, tra le tante bollette e imposte, non ce la fa a pagare l’acqua. Il decreto sul bonus acqua, pubblicato nei giorni scorsi in Gazzetta Ufficiale, prevede che le fasce di popolazione più povere possano usufruire gratuitamente di un quantitativo minimo vitale di acqua al giorno per ogni persona del nucleo familiare. Un modo di permettere a chiunque di continuare a bere, lavarsi, cucinare anche in caso di morosità. Tuttavia, secondo l’associazione dei consumatori Codici, si tratta di un meccanismo che farà alzare le tariffe e deresponsabilizzerà i gestori del servizio.
Come si legge nel provvedimento, che sarà pienamente operativo tra 4-5 mesi, coloro che sono impossibilitati a pagare la bolletta perché “versano in condizioni di documentato stato di disagio economico-sociale” non si vedranno staccare l’acqua anche se morosi. Ad essi sarà infatti in ogni caso garantito “il quantitativo minimo vitale pari a 50 litri per abitante al giorno”. Il quantitativo è stato stabilito tenendo conto di quanto indicato dall’Organizzazione mondiale della Sanità. Avrà diritto al beneficio chi ha un indicatore Isee non superiore a 7.500 euro, che può arrivare a un massimo di 20.000 euro per le famiglie con più di tre figli a carico. Si tratta, secondo le prime stime, di circa cinque milioni di utenti morosi, che saranno individuati dall’Autorità per l’energia (Aeegsi). Oltre ai 50 litri gratis per gli utenti che versano in condizioni disagiate, il decreto stabilisce che a tutti sia garantito l’accesso al quantitativo minimo vitale a tariffa agevolata.
Agli utenti che invece non pagano le bollette ma non rientrano nelle categorie disagiate, verrà sospesa la fornitura dell’acqua. Cosa che, tuttavia, avverrà solo se l’importo delle fatture non pagate sarà complessivamente superiore al corrispettivo annuo relativo al volume della fascia agevolata stabilita all’Autorità. Inoltre, sarà possibile sospendere la fornitura solo dopo che gli utenti avranno ricevuto una regolare messa in mora e solo nel caso in cui il deposito cauzionale, qualora versato, non sia sufficiente a coprire il debito.
Sta ora all’Autorità emanare le specifiche direttive relative al contenimento della morosità, alle modalità di fatturazione e alla gestione delle controversie. A brevissimo quindi si avvierà il procedimento poi ci sarà il documento di consultazione e infine il provvedimento finale. “Lo scopo finale è quello di sostenere le utenze domestiche residenti disagiate attraverso strumenti tariffari idonei, come il bonus idrico, che diano accessibilità al quantitativo minimo di acqua e, al tempo stesso, siano in grado di garantire il rispetto del principio ‘chi inquina paga’ e del principio della copertura dei costi sanciti dalla Direttiva Quadro europea sulle Acque”, ha commentato Carlo Maria Medaglia, capo della segreteria tecnica del ministero dell’Ambiente. Soddisfatto anche il presidente della commissione Ambiente al Senato, Giuseppe Marinello (Ap): il provvedimento assicura “la fruibilità del servizio idrico a tutti, con particolare tutela nei confronti di chi versa in una condizione economica difficile, garantendone la fornitura gratuita e vietandone la disalimentazione”.
Non tutti però la pensano così e tra i consumatori c’è chi è di avviso opposto. Secondo Luigi Gabriele, responsabile delle relazioni istituzionali e degli affari regolatori dell’associazione dei consumatori Codici, il provvedimento avrà infatti l’effetto di un rialzo esponenziale delle bollette: “Apparentemente è un supporto ai consumatori in difficoltà ma in realtà la morosità generata da fattori reddituali viene spalmata su gli altri utenti, non è lo Stato a pagare”. A ciò si aggiunge il fatto che “anche la morosità derivata da scorretti fattori gestionali (come fatture sbagliate, doppia fatturazione, reclami in corso contro l’azienda) viene inserita in questo provvedimento e spalmata sui consumatori indistintamente, deresponsabilizzando il gestore e facendo aumentare le tariffe in maniera esponenziale”.
C’è poi anche da aggiungere che il settore idrico presenta moltissime altre criticità. Al di là del quantitativo minimo da garantire a chiunque, ci sono molti altri problemi da risolvere: acquedotti vecchi e inefficienti, troppi pochi depuratori, sversamenti in mare e fiumi, inquinamento delle falde acquifere, acqua non potabile in moltissime zone della penisola. I dati dell’Autorità per l’Energia “mostrano una rete acquedottistica particolarmente vetusta: il 36% delle condotte risulta avere un’età compresa tra i 31 e i 50 anni, mentre il 24% è caratterizzato da un’età maggiore ai 50 anni”, dice Alberto Biancardi, membro del collegio dell’Autorità per l’Energia , secondo cui per “recuperare l’attuale insufficienza infrastrutturale maturata negli anni passati e per mettersi in regola con gli adempimenti comunitari occorrono investimenti per oltre 20 miliardi di euro nei prossimi 5 anni”.
Più duri i commenti dei consumatori: “Gli acquedotti italiani sono dei veri e propri colabrodo. Le responsabilità della situazione disastrosa del sistema idrico italiano è da ricercarsi in primis negli enti locali (regioni e comuni), che poco o nulla hanno fatto per risolvere le criticità del settore”, dice Carlo Rienzi, presidente Codacons, secondo cui “a pagarne le conseguenze sono i cittadini, che devono sottostare a tariffe idriche in continua crescita a fronte di un servizio qualitativamente e quantitativamente peggiore”. Così anche Luigi Gabriele: “In alcune aree, le perdite di rete raggiungono il 70% del prelevato dalle fonti. In altre aree, i depuratori sono a tal punto inesistenti che si continuano a sversare le fognature in aree marine o in fiumi”. Tant’è che “il rischio dell’inquinamento delle falde acquifere non è più rischio, ma una realtà. In zone come la provincia di Caserta non si può bere l’acqua del rubinetto perché le falde sono state inquinate per l’infiltrazione delle tubature del sistema fognante”.