Per il ministro Marianna Madia i pensionati devono uscire dai consigli di amministrazione delle casse previdenziali. E in ogni caso rinunciare a qualsiasi compenso. Ma gli enti prendono tempo. Anche a dispetto di una lettera con cui il ministero del Lavoro, che ha il compito di vigilare sulle casse, le invita ad applicare le norme in vigore da almeno un paio d’anni e mette in discussione la composizione dei consigli degli enti. Primo fra tutti quello dell’Istituto di previdenza dei giornalisti.

La missiva del ministero del Lavoro, arrivata a metà settembre e tenuta finora riservata, è del resto solo l’ultimo colpo di scena in un braccio di ferro che va avanti da quando è scattata la riforma Madia. E, con lei, il divieto per le amministrazioni e tutti i soggetti indicati nel conto economico consolidato dell’Istat (casse incluse) di affidare ad ex lavoratori dipendenti in pensione “incarichi dirigenziali o direttivi, cariche di governo nelle amministrazioni, negli enti e società controllati”. Per loro, secondo quanto ha puntualizzato la circolare ministeriale del 2015 (allegata alla lettera inviata dal ministero del Lavoro alle casse), non è più possibile conferire incarichi dirigenziali a pensionati che abbiano superato i 65 anni di età. Sotto questo limite, la legge fa un’eccezione. A patto però che l’attività svolta dal pensionato sia gratuita e per un lasso di tempo non superiore ad un anno. Per quanto riguarda, invece, le cariche di governo, ovvero quelle nei cda, sarebbe caduto il limite dell’anno, ma resta fermo il divieto di percepire compensi.

Finora, nelle casse previdenziali, la norma è però rimasta lettera morta perché si scontra con gli attuali assetti di comando. Se infatti venisse applicata, i consiglieri pensionati attualmente in carica nei cda degli enti rischierebbero la restituzione dei compensi e, in casi estremi, persino la decadenza. Al momento non è chiaro quali siano le cifre in ballo e quante poltrone siano in discussione: l’Associazione degli enti previdenziali privati (Adepp), che riunisce una ventina di casse, non ha ancora fatto i conti e si è limitata ad un approfondimento giuridico della questione.

Tuttavia sin d’ora è indubbio che l’applicazione della legge Madia genererà scompiglio nell’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti. Nel consiglio di amministrazione dell’ente previdenziale rinnovato a marzo e presieduto da Marina Macelloni siedono, infatti, ben cinque pensionati (Paola Cascella, Carlo Chianura, Edmondo Rho, Paolo Serventi Longhi e Giuseppe Gulletta) su un totale di dieci rappresentanti dei giornalisti. E non è escluso tra l’altro che per l’ex segretario della Federazione nazionale della Stampa Paolo Serventi Longhi, che ha già compiuto 67 anni e fino allo scorso febbraio era vicepresidente vicario, possa valere la decadenza. Lo stesso potrebbe accadere all’attuale vicepresidente vicario Gulletta, che di anni ne ha 69. In ogni caso, la loro attività sarebbe a titolo gratuito, mentre oggi sono previste indennità fino a 40mila euro. Con la conseguenza che i consiglieri pensionati dell’Inpgi potrebbero ben presto dover restituire in toto o in parte gli introiti percepiti per la funzione svolta. Sempre che l’Inpgi e le altre casse previdenziali interessate dalla norma si decidano ad applicare la legge Madia.

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