Nei giorni scorsi l’Unione Europea ha dato il via libera al decreto che consente anche all’Italia, dopo la Francia, di applicare in etichetta l’indicazione obbligatoria del Paese d’origine per latte e latticini. Di certo il provvedimento costituisce un passo avanti verso una maggiore trasparenza da parte delle aziende nei confronti dei consumatori in quanto, qualsiasi informazione in più che arriva sulle etichette dei prodotti alimentari è una conquista sia per chi fa la spesa sia per i produttori virtuosi, che possono raccontare meglio il loro lavoro.
Tuttavia non possiamo negare che, anche con questo provvedimento, siamo ancora ben lontani dalla risoluzione di tutti i problemi che affliggono gli allevatori italiani (e non solo), piombati in una crisi senza precedenti, soprattutto dopo che l’abolizione delle quote rende più conveniente produrre latte dove i costi di produzione sono più bassi.
Leggere in etichetta il Paese di origine del latte o, meglio ancora, degli allevamenti da cui proviene, è un’informazione utile a sensibilizzare quei consumatori propensi a sostenere la produzione nazionale, ma non dice nulla sulla qualità intrinseca del prodotto, salvo lasciar intendere che il latte italiano sia tutto di qualità migliore rispetto a quello che proviene dall’estero.
Da tempo, ormai, gli studi scientifici certificano che la qualità del latte, sia quello da consumare come tale sia quello destinato alla produzione di formaggi e latticini, è correlata al tipo di alimentazione degli animali, alla possibilità che hanno di pascolare oppure no, alla quantità di latte prodotta per ogni capo, alla razza. Per rendere meglio l’idea, un allevamento bovino di Pezzata Rossa di alta collina o di montagna, che ha la possibilità di pascolare per buona parte dell’anno con un’alimentazione che riduce o elimina insilati e mangimi e che produrrà in media circa 4000 litri/capo per lattazione, darà origine a latte di qualità decisamente migliore rispetto a un allevamento intensivo che produrrà in media oltre 9000 litri/capo per lattazione.
Eppure oggi il mercato non riconosce sostanziali differenze di prezzo a realtà produttive così distanti fra loro, anche perché le industrie del settore non hanno alcun interesse a creare altri segmenti di mercato in quanto rischierebbero di doversi confrontare su un terreno, quello della qualità, che darebbe certamente più potere contrattuale agli allevatori.
Pertanto, se l’obiettivo è consentire agli allevatori virtuosi di ottenere prezzi più elevati rispetto a quelli attuali, ormai stabilmente sotto i costi di produzione, non c’è altra strada che far emergere i diversi livelli di qualità esistenti, attraverso etichette più complete di quelle che oggi vediamo sugli scaffali. In questo modo si garantirebbe ai consumatori una maggiore facilità di scelta e probabilmente un innalzamento del livello medio della qualità a loro disposizione.
Un approccio, questo, che non dovrebbe riguardare solo il latte, ma gran parte dei prodotti agroalimentari e che Slow Food sta cercando di mettere in pratica attraverso il progetto dell’etichetta narrante, già adottata da molti prodotti dei presìdi.
Come ho sentito dire in un convegno a Gian Carlo Caselli, ex magistrato che oggi presiede una Commissione ministeriale sui reati agroalimentari, al consumatore bisogna raccontare tutta la verità, soltanto la verità, nient’altro che la verità. Eppure talvolta alcune informazioni, seppur veritiere, non sono riportabili in etichetta, in quanto entrano in conflitto con il complesso quadro normativo che disciplina le produzioni alimentari. Ecco quello che chiederei, prima di tutto, al legislatore: chi racconta la verità almeno non sia messo fuorilegge.
Gaetano Pascale
Presidente Slow Food Italia
Economia & Lobby - 26 Ottobre 2016
Latte, va bene l’etichetta ma sulla qualità non si sa nulla
Nei giorni scorsi l’Unione Europea ha dato il via libera al decreto che consente anche all’Italia, dopo la Francia, di applicare in etichetta l’indicazione obbligatoria del Paese d’origine per latte e latticini. Di certo il provvedimento costituisce un passo avanti verso una maggiore trasparenza da parte delle aziende nei confronti dei consumatori in quanto, qualsiasi informazione in più che arriva sulle etichette dei prodotti alimentari è una conquista sia per chi fa la spesa sia per i produttori virtuosi, che possono raccontare meglio il loro lavoro.
Tuttavia non possiamo negare che, anche con questo provvedimento, siamo ancora ben lontani dalla risoluzione di tutti i problemi che affliggono gli allevatori italiani (e non solo), piombati in una crisi senza precedenti, soprattutto dopo che l’abolizione delle quote rende più conveniente produrre latte dove i costi di produzione sono più bassi.
Leggere in etichetta il Paese di origine del latte o, meglio ancora, degli allevamenti da cui proviene, è un’informazione utile a sensibilizzare quei consumatori propensi a sostenere la produzione nazionale, ma non dice nulla sulla qualità intrinseca del prodotto, salvo lasciar intendere che il latte italiano sia tutto di qualità migliore rispetto a quello che proviene dall’estero.
Da tempo, ormai, gli studi scientifici certificano che la qualità del latte, sia quello da consumare come tale sia quello destinato alla produzione di formaggi e latticini, è correlata al tipo di alimentazione degli animali, alla possibilità che hanno di pascolare oppure no, alla quantità di latte prodotta per ogni capo, alla razza. Per rendere meglio l’idea, un allevamento bovino di Pezzata Rossa di alta collina o di montagna, che ha la possibilità di pascolare per buona parte dell’anno con un’alimentazione che riduce o elimina insilati e mangimi e che produrrà in media circa 4000 litri/capo per lattazione, darà origine a latte di qualità decisamente migliore rispetto a un allevamento intensivo che produrrà in media oltre 9000 litri/capo per lattazione.
Eppure oggi il mercato non riconosce sostanziali differenze di prezzo a realtà produttive così distanti fra loro, anche perché le industrie del settore non hanno alcun interesse a creare altri segmenti di mercato in quanto rischierebbero di doversi confrontare su un terreno, quello della qualità, che darebbe certamente più potere contrattuale agli allevatori.
Pertanto, se l’obiettivo è consentire agli allevatori virtuosi di ottenere prezzi più elevati rispetto a quelli attuali, ormai stabilmente sotto i costi di produzione, non c’è altra strada che far emergere i diversi livelli di qualità esistenti, attraverso etichette più complete di quelle che oggi vediamo sugli scaffali. In questo modo si garantirebbe ai consumatori una maggiore facilità di scelta e probabilmente un innalzamento del livello medio della qualità a loro disposizione.
Un approccio, questo, che non dovrebbe riguardare solo il latte, ma gran parte dei prodotti agroalimentari e che Slow Food sta cercando di mettere in pratica attraverso il progetto dell’etichetta narrante, già adottata da molti prodotti dei presìdi.
Come ho sentito dire in un convegno a Gian Carlo Caselli, ex magistrato che oggi presiede una Commissione ministeriale sui reati agroalimentari, al consumatore bisogna raccontare tutta la verità, soltanto la verità, nient’altro che la verità. Eppure talvolta alcune informazioni, seppur veritiere, non sono riportabili in etichetta, in quanto entrano in conflitto con il complesso quadro normativo che disciplina le produzioni alimentari. Ecco quello che chiederei, prima di tutto, al legislatore: chi racconta la verità almeno non sia messo fuorilegge.
Articolo Precedente
L’Equitalia magicabula
Articolo Successivo
Manovra, la legge di bilancio è fuori legge: clausole di salvaguardia non più permesse. Boccia (Pd): “Sarà di un altro Paese…”
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Mondo
Da telefonata Trump-Putin primo passo per la pace: stop attacchi alle linee energetiche. Zelensky accetta, ma mette in guardia: “Mosca vuole solo indebolirci”
Politica
Meloni sminuisce il piano di riarmo Ue: ‘Un annuncio roboante rispetto a realtà’. E attacca: ‘Chi parla di tagli al welfare inganna i cittadini’
Zonaeuro
Von der Leyen spinge l’Ue verso lo scontro con la Russia: “Se vuole evitarlo, si prepari alla guerra”
Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Bergamo, 18 marzo 2020: una lunga colonna di camion militari sfila nella notte. Sono una decina in una città spettrale, le strade svuotate dal lockdown decretato ormai in tutta Italia per provare ad arginare i contagi. A bordo di ciascun veicolo ci sono le bare delle vittime di un virus prima di allora sconosciuto, Sars-CoV-2, in uscita dal Cimitero monumentale.
Quell'immagine - dalla città divenuta uno degli epicentri della prima, tragica ondata di Covid - farà il giro del mondo diventando uno dei simboli iconici della pandemia. Il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Sono passati 5 anni da quegli scatti che hanno sconvolto l'Italia, un anniversario tondo che si celebrerà domani. Perché il 18 marzo, il giorno delle bare di Bergamo, è diventato la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.
La ricorrenza, istituita il 17 marzo 2021, verrà onorata anche quest'anno. I vescovi della regione hanno annunciato che "le campane di tutti i campanili della Lombardia" suoneranno "a lutto alle 12 di martedì 18 marzo" per "invitare al ricordo, alla preghiera e alla speranza". "A 5 anni dalla fase più acuta della pandemia continuiamo a pregare e a invitare a pregare per i morti e per le famiglie", e "perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia". A Bergamo il punto di partenza delle celebrazioni previste per domani sarà sempre lo stesso: il Cimitero Monumentale, la chiesa di Ognissanti. Si torna dove partirono i camion, per non dimenticare. Esattamente 2 mesi fa, il Comune si era ritrovato a dover precisare numeri e destinazioni di quei veicoli militari con il loro triste carico, ferita mai chiusa, per sgombrare il campo da qualunque eventuale revisione storica. I camion che quel 18 marzo 2020 partirono dal cimitero di Bergamo furono 8 "con 73 persone, divisi in tre carovane: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti".
E la cerimonia dei 5 anni, alla quale sarà presente il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, sarà ispirata proprio al tema della memoria e a quello della 'scoperta'. La memoria, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Bergamo, "come atto necessario per onorare e rispettare chi non c'è più e quanto vissuto". La scoperta "come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l'esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato".
Quest'anno è stato progettato un percorso che attraversa "tre luoghi particolarmente significativi per la città": oltre al Cimitero monumentale, Palazzo Frizzoni che ospiterà il racconto dei cittadini con le testimonianze raccolte in un podcast e il Bosco della Memoria (Parco della Trucca) che esalterà "le parole delle giovani generazioni attraverso un'azione di memoria". La Chiesa di Ognissanti sarà svuotata dai banchi "per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria". Installazioni, mostre fotografiche, momenti di ascolto e partecipazione attiva, sono le iniziative scelte per ricordare. Perché la memoria, come evidenziato nella presentazione della Giornata, "è la base per ricostruire".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Vogliamo il pilastro europeo dell'Alleanza atlantica e non lo delegheremo alla Francia e alla Gran Bretagna". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo. "Per avere i granai pieni -ha aggiunto- bisogna avere gli arsenali pieni, la difesa è la premessa della libertà e della democrazia".
Bruxelles, 18 mar. - (Adnkronos) - Le sedici aziende dell’Alleanza “Value of Beauty”, lanciata a febbraio 2024, hanno presentato a Bruxelles uno studio commissionato a Oxford Economics sull’impatto socioeconomico del settore. Il Gruppo L’Oréal, Kiko Milano, Beiersdorf, Iff, e altri grandi marchi dell’industria vogliono inserirsi nello spiraglio aperto dalla Commissione europea per favorire la semplificazione normativa in vari ambiti, e per chiedere un dialogo strategico sul futuro del settore, come già successo per agricoltura e automotive.
Il settore guarda con attenzione alle proposte su una legge europea vincolante per le biotecnologie e alla strategia per la bioeconomia, che la Commissione si impegna a presentare entro la fine dell’anno. Ma guarda con attenzione anche agli sviluppi nelle relazioni commerciali in Occidente alla luce della recente entrata in vigore dei dazi di Washington sull’import dall’Unione europea.
“Cinque delle sette più grandi aziende del settore hanno la loro sede nell’Ue”, ha sottolineato l’amministratore delegato del Gruppo L’Oréal, Nicolas Hieronimus.
A Bruxelles i sedici membri dell’Alleanza chiedono politiche per la produzione sostenibile di ingredienti e la formazione di personale per sbloccare il potenziale del settore. Un aspetto legato, secondo l’amministratore delegato di Kiko Milano, Simone Dominici, all’impatto positivo che la cura del corpo e dell’estetica ha sull’autostima e sulla salute mentale dei consumatori. Aspetti non trascurati dallo studio dell’Oxford Economics presentato all’ombra dei palazzi delle istituzioni europee. Il rapporto mostra che la spesa dei consumatori nell’Ue per i prodotti di bellezza e cura della persona ha superato i 180 miliardi di euro e dato lavoro a oltre tre milioni di persone, un numero che supera il totale della forza lavoro presente in 13 Stati membri dell’Ue. Troppi anche gli oneri per l'industria della cosmetica che rendono necessaria una revisione della direttiva sulle acque reflue. Forte dei 496 milioni di euro generati ogni giorno e dei 3,2 milioni di posti di lavoro, la cordata dei grandi nomi dell’industria della bellezza chiede che tutti i settori che contribuiscono ai microinquinanti nelle acque siano ritenuti responsabili, in linea con il principio “chi inquina paga”.
I riflettori dell’Alleanza, che guarda anche agli interessi di tutti gli attori della filiera - dagli agricoltori ai vetrai, importanti nella catena del valore quanto le case di fragranze - sono rivolti in primis sull’attesa revisione del regolamento Reach (Regulation on the registration, evaluation, authorisation and restriction of chemicals), che regolamenta le sostanze chimiche autorizzate e soggette a restrizione nell’Unione europea. L’Alleanza chiede che a questa iniziativa, annunciata nel 2020 come parte del pacchetto sul Green deal, si aggiunga anche una revisione del regolamento sui prodotti cosmetici.
L’appello ha come obiettivo la riduzione degli oneri amministrativi e lo stimolo all'innovazione, senza sacrificare l’approccio basato sul rischio per la salute e la responsabilità per la tutela dell’ambiente. Trasmette ottimismo l’iniziativa della Commissione di considerare delle esenzioni per alcune imprese colpite dalla direttiva della diligenza dovuta che imponeva oneri considerati sproporzionati alle piccole e medie imprese, la colonna portante del settore.
“Vogliamo impiegare più tempo alla sostenibilità, piuttosto che alla rendicontazione amministrativa”, è stato l’appello degli amministratori delegati durante la conferenza stampa che ha preceduto gli incontri istituzionali al Parlamento europeo, tra cui quello con la presidente dell’istituzione, Roberta Metsola. Lo studio presentato dimostra che una parte consistente della cura per la sostenibilità ambientale passa anche dalla cosmetica. L’Oréal ha già annunciato che entro il 2030 il 100% della plastica utilizzata nelle confezioni sarà ottenuta da fonti riciclate o bio-based.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Mandare soldati in Ucraina mentre ci sono i bombardamenti è una pazzia e l'Italia non farà questa scelta". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Gli inglesi sono usciti dall'Europa e adesso ci convocano una volta a settimana, facessero domanda per rientrare nell'Unione europea". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Dei Servizi segreti non si parla nell'Autogrill, si parla nel Copasir, io all'Autogrill ci vado a comprare il panino". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Da oggi sono autorizzato a dire che la Meloni non smentisce l'utilizzo di intercettazioni preventive nei confronti di un giornalista che attacca il Governo. È una cosa enorme, che ha a che fare con la dignità delle Istituzioni. Se non vi rendete conto che su questa cosa si gioca il futuro della libertà, allora sappiate che c'è qualcuno che lascia agli atti questa frase, perchè quando intercetteranno voi, in modo illegittimo, con i trojan illegali, saremo comunque dalla vostra parte per difendere il vostro diritto di cittadini, mentre voi oggi vi state voltando dal'altra parte". Lo ha affermato Matteo Renzi nella sua dichiarazione di voto sulle risoluzioni sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
"Giorgia Meloni va al Consiglio europeo senza una linea, senza sapere da che parte stare, senza aver avuto il coraggio di rispondere a quella frase che lei stessa aveva detto: 'come diceva Pericle la felicità consiste nella libertà e la libertà dipende dal coraggio'. Se la felicità e la libertà dipendono dal coraggio, Giorgia Meloni -ha concluso l'ex premier- non è felice, non è libera".