“Siamo fortunati. E dobbiamo essere riconoscenti”. Dikran è un artista siriano di origini armene: ad Aleppo lavorava il rame e il gesso. Con il figlio Anton, otto anni, e la moglie Linda, è appena arrivato a Roma grazie ai corridoi umanitari. Destinazione: Lucca, dove una casa li aspetta già. “Sono contento, Lucca è una città ricca di arte. Tutta l’Italia lo è: spero di poter continuare qui il mio lavoro”, racconta mentre mostra le sue opere sullo schermo del telefonino. Dikran e la sua famiglia sono partiti da Beirut per sbarcare a Fiumicino: si trovavano da due mesi nel campo profughi di Shatila dopo essere scappati da Aleppo. La loro è solo una delle tante storie delle 130 persone – di cui 45 bambini – arrivate in questi giorni in Italia grazie ai corridoi umanitari. Mentre a Goro un paese sulle barricate riesce a dirottare un bus con 20 migranti – 12 donne e 8 minori – l’arrivo dei profughi a Fiumicino è circondato da un’atmosfera di allegria. E lacrime: come quelle di una ragazza siriana che viene accolta da coloro che, in Siria, erano i suoi vicini di casa e che ora vivono in Italia. Sale così a quota 400 il numero delle persone che sono arrivate non sui barconi, ma con un regolare volo di linea: e molti di coloro che sono venuti in Italia, da febbraio ad oggi, sono all’aeroporto ad accogliere i nuovi venuti. Il progetto dei corridoi umanitari è frutto di un protocollo d’intesa tra il ministero degli Affari Esteri, quello dell’Interno e Comunità di Sant’Egidio, Chiese evangeliche e Tavola Valdese.
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