Da un lato Mosca, che annuncia: “Potremmo intervenire in Iraq e Libia“. Dall’altro Washington, che replica prospettando un attacco sulla roccaforte dell’Isis in Siria: “Prepariamo un’offensiva a Raqqa. Le operazioni partiranno nelle prossime settimane”. Mentre è ancora alta la tensione al confine tra l’Unione Europea e la Russia, gli Usa e il Cremlino minacciano di invadere i rispettivi campi di intervento in Medio Oriente in nome della lotta allo Stato Islamico.

Mosca “prenderà attentamente in considerazione” la possibilità di intervenire “contro i terroristi” in Iraq e in Libia se riceverà delle richieste ufficiali dai governi di questi due Paesi, ha dichiarato a metà pomeriggio il vice ministro degli Esteri russo Mikhail Bogdanov: “Ci viene chiesto da iracheni e libici di altri Paesi: vi unirete alla lotta contro i terroristi nel nostro territorio? Noi rispondiamo: finora non abbiamo ricevuto richieste ufficiali da voi. Se queste arriveranno, allora il nostro governo le prenderà attentamente in considerazione”, ha concluso il vice capo della diplomazia russa, rivolgendosi a Sochi ai partecipanti al Valdai International Discussion Club.

Neanche un’ora più tardi il segretario alla Difesa Usa, Ashton Carter, ha fatto sapere che la coalizione internazionale anti-Daesh, guidata dalle forze statunitensi, ha avviato le operazioni per isolare la città di Raqqa. L’annuncio è arrivato a seguito di una riunione, svoltasi a Parigi, dei ministri della Difesa dei vari Paesi che coinvolti nella coalizione. Carter non ha precisato quali forze interverranno nell’attacco, ma ha escluso la partecipazione della Siria e ha garantito che si tratterà, come a Mosul, di forze locali. Quanto ai tempi d’intervento, in una successiva intervista a Nbc News Carter ha spiegato che l’offensiva su Raqqa “comincerà nelle prossime settimane” e che l’operazione è da tempi “nei piani” del Pentagono.

Nel frattempo, sul fronte iracheno, l’epicentro delle operazioni resta Mosul, dove va avanti l’assedio da parte delle forze delle truppe curdo-irachene con l’ausilio della coalizione internazionale. E insieme agli scontri, proseguono anche le denunce di crimini commessi dall’Isis nei confronti degli abitanti del capoluogo del distretto di Ninive. Un numero crescente di morti civili è stato segnalato all’Onu, ma la diplomazia russa spiega che alcune di quelle morti vanno attribuite ai raid compiuti dalla coalizione internazionale.

Onu: “A Mosul civili uccisi e usati come scudi umani” Da Mosul continuano a giungere all’Onu segnalazioni di varie atrocità, tra cui esecuzioni extragiudiziali e sommarie, commesse dagli uomini del califfato contro i civili, tra cui donne e bambini. Lo ha fatto sapere da Ginevra un portavoce dell’Ufficio dell’Alto commissario Onu per i diritti umani, Rupert Colville, parlando di informazioni difficili da verificare, ma che tuttavia “rafforzano la convinzione che l’Isis stia deliberatamente usando i civili come scudi umani”.

Media curdi: “Isis ha messo a morte 23 prigionieri” – Secondo i media curdi, l’Isis ha messo a morte in piazza oggi a Mosul 23 prigionieri nei pressi dell’ospedale Ibn Sina. Chiunque viene trovato in possesso di una Sim per cellulari viene bollato come spia e ucciso. In tre giorni il bilancio è di 50 carcerati messi a morte. I parenti delle vittime “non chiedono di recuperare i cadaveri dei propri cari, perché chiederlo potrebbe portare alla morte”. Almeno 2.000 persone – secondo quanto riferito – sono in prigione

La Russia: “Raid Usa hanno ucciso 60 civili” – Secondo la diplomazia russa, però, le morti degli abitanti di Mosul non vanno attribuite solo ai jihadisti. Serghiei Rudskoi, capo del dipartimento operativo dello Stato maggiore delle forze armate di Mosca, ha parlato di oltre 60 civili uccisi e almeno 200 rimasti feriti dopo i raid della coalizione a guida Usa. “Ci sono stati numerosi attacchi della coalizione a guida Usa contro aree residenziali, scuole e altri obiettivi civili a Mosul e in altre parti del governatorato iracheno di Ninive”, ha precisato Rudskoi.

Lavrov: “Offensiva a Mosul simile a quella condotta da noi ad Aleppo” – Mosca propone un’analogia tra quanto accade a Mosul e l’altro scenario di guerra, quello siriano. “Esattamente come noi abbiamo fatto ad Aleppo, la coalizione a guida Usa sta chiedendo agli abitanti di Mosul di lasciare la città”, ha detto il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov in un incontro della Association of European Businesses riferendo quanto avrebbe detto ieri al segretario di Stato Usa John Kerry durante una conversazione telefonica. “Come ad Aleppo – ha spiegato Lavrov – i corridoi umanitari sono stati aperti per la partenza dei miliziani, che non sono neanche miliziani ma terroristi dell’Isis”.

Catturato cugino di Saddam Hussein: “Appartiene all’Isis” – Quando è stato catturato, ancora armato di Ak47 e di esplosivi, Nazar Hammud Ghany era in una cisterna d’acqua. Un nascondiglio analogo a quello scelto, nel dicembre del 2003, dal suo più celebre cugino, Saddam Hussein. Figlio della zio materna dell’ex dittatore iracheno, Ghany è stato arrestato a 30 chilometri di distanza da Kirkuk. A riferirlo sono i media curdi, che citano fonti di sicurezza e spiegano che l’uomo ha ammesso “di essere dell’Isis” ed era ricercato proprio per aver partecipato all’attacco sferrato dall’Isis venerdì scorso sulla città del nord dell’Iraq al confine con la regione autonoma del kurdistan.

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