In carcere due egiziani e un tunisino che abitavano tra Liguria, Lombardia e Piemonte: "Nascondevano la loro radicalizzazione con una vita normalissima". Secondo gli inquirenti diffondevano materiale jihadista e instradavano combattenti dal Nord Africa verso Siria e Libia
Diffondevano materiale jihadista, instradavano combattenti dal Nord Africa verso la Siria e la Libia per conto dello Stato Islamico. Anzi, volevano loro stessi arruolarsi nelle truppe dell’Isis e avevano anche già giurato fedeltà al Califfo, Abu Bakr al-Baghdadi. Con queste accuse due egiziani e un algerino sono stati arrestati dai carabinieri del Ros: il blitz antiterrorismo, scattato all’alba, li ha sorpresi nelle rispettive abitazioni di Finale Ligure (Savona), Cassano d’Adda (Milano) e Torino. I carabinieri hanno eseguito i decreti di fermo della Procura distrettuale antiterrorismo di Genova che accusa i tre di associazione con finalità di terrorismo internazionale. Una quarta persona è sfuggita invece alla cattura perché si trova all’estero.
I due egiziani sono fratelli, uno lavora come pizzaiolo, l’altro è cassintegrato. Secondo gli investigatori guidati dal pm Federico Manotti tutt’e tre presunti jihadisti erano insospettabili e senza precedenti penali e conducevano una vita normalissima grazie alla quale nascondevano loro radicalizzazione. Aderivano, cioè, alla cosiddetta taqiyya, che dà anche il nome all’operazione e che nella tradizione islamica permette di dissimulare la propria fede per infiltrarsi fra i nemici dell’Islam senza essere considerati apostati. Il Ros dei carabinieri li ha smascherati grazie alla loro attività sui siti web di propaganda e diffusione di materiale dello Stato Islamico. Da quanto emerso finora i tre arrestati non stavano progettando attentati o azioni in Italia. Il loro obiettivo era comunque arruolarsi nell’Isis.
I carabinieri in una nota hanno precisato che l’opera di propaganda e proselitismo era svolta sulla rete non solo mediante canali riservati, ma ricorrendo a pseudonimi e account fittizi. Il materiale divulgato a numerosi contatti era ottenuto da al-Hayat Media Center, organo di propaganda ufficiale dell’autoproclamato Stato Islamico. I servizi di monitoraggio hanno permesso poi di documentare la condivisione in via riservata del giuramento di fedeltà (bay’ah) al califfo Abo Bakr Al Baghdadi, poi pubblicato in chiaro sulla piattaforma Facebook da un altro indagato.
In questo senso, secondo gli inquirenti, si conferma la linea dell’Isis che ha bisogno di ottenere una pubblica manifestazione di fedeltà da parte di chiunque abbia intenzione di compiere un’azione in suo nome e per suo conto.
E’ stato “un successo investigativo di grande importanza” sottolinea il ministro dell’Interno Angelino Alfano. “Le nostre leggi antiterrorismo funzionano – aggiunge – e la sicurezza dei cittadini, in questo particolare momento in cui nessuno Paese è a rischio zero, è una priorità di questo Governo”.