Jeremy Rifkin nel saggio La società a costo marginale zero, L’internet delle cose, L’ascesa del commons collaborativo e l’eclissi del capitalismo (Mondadori) scrive: “Quando l’attività economica produttiva di una società si avvicina a costi marginali zero, la teoria economica classica e neoclassica non ha più nulla da dire. Se i costi marginali rasentano l’azzeramento, il profitto viene meno, perché il mercato non può più fare il prezzo di beni e servizi […] la logica operativa che fa del capitalismo un sistema per produrre e distribuire beni e servizi perde ogni significato […] perché la dinamica del sistema capitalistico trae alimento dalla scarsità. Ma se il costo marginale di produzione di quei beni e di quei servizi scende quasi a zero […] il sistema capitalistico perde la possibilità di fare leva sulla scarsità e la capacità di approfittare della dipendenza altrui”.
Il costo marginale è quello di produzione e commercializzazione di ogni “ulteriore” unità di bene o servizio, spese generali e investimenti esclusi, la sua riduzione è un processo in atto da sempre ma esploso negli ultimi decenni del Novecento, è globale, dovuta all’innovazione tecnologica e alla crescente produttività del lavoro non adeguatamente retribuita.
In altre parole è “efficienza” che, se in fisica equivale a produrre il medesimo lavoro con minore energia, in economia significa soddisfare i bisogni correnti con minori risorse e generando minor Pil o soddisfare più bisogni a parità di Pil e occupazione. Gli effetti collaterali sono però: concentrazione della ricchezza nelle mani di chi può fare più efficienza (i grandi gruppi) e la scomparsa dell’inflazione.
La concentrazione della ricchezza comporta che i paesi produttori, anche a fronte di un moderato aumento del Pil pro capite, ammesso che riescano a tenere costante o aumentare l’occupazione, non altrettanto riescono a fare con il potere di acquisto dei propri cittadini che, nella media, si impoveriscono.
La scomparsa dell’inflazione è indice di un cambiamento dei fondamentali “classici”: se ci fosse richiesta di beni non soddisfatta (inflazione vera) le aziende riuscirebbero a farvi fronte in tempo reale e paradossalmente a prezzi minori. Grazie alle economie di scala infatti, oggi più domanda significa maggior produzione e prezzi più bassi, la “mano invisibile” regolatrice del mercato non funziona più e la piccola industria, non sempre in grado di fare queste economie, viene messa fuori mercato anche rispetto a piccole domande.
Se il sistema economico nel ‘900 riusciva a incrementare contemporaneamente la ricchezza prodotta, l’occupazione e il potere di acquisto oggi, superato un punto di non ritorno del “costo marginale”, occorre aumentare continuamente produzione e consumi solo per mantenere costante il Pil, non necessariamente l’occupazione e tanto meno il potere d’acquisto. E’ l’effetto Regina Rossa che è applicabile a parecchi sistemi dinamici complessi.
In Attraverso lo specchio di Lewis Carroll, la Regina Rossa dice ad Alice: “Qui, vedi, devi correre più che puoi per restare nello stesso posto. Se vuoi andare da qualche altra parte devi correre almeno il doppio”. Sintesi geniale di quello che sta succedendo, con una differenza fondamentale: se in molti altri sistemi è necessario “correre” per non perdere terreno rispetto ai competitori, in economia il sistema deve correre solo per sopravvivere a se stesso.
La morale è che il consumismo capitalistico, diventato efficientissimo nel produrre ricchezza, sta dilapidando il suo capitale più prezioso: i consumatori. Naturalmente la classe dirigente economica è perfettamente cosciente di quel che sta succedendo e constatato che l’economia moderna non funziona più molto bene rispetto al mondo in cui opera, invece di ripensarla come sarebbe logico, ha deciso di cambiare le regole del gioco (il Mondo) per non perdere la partita.
Se i problemi sono la produttività non adeguatamente remunerata e la sovra produzione (efficienza), il crollo della domanda interna (redistribuzione) e la scomparsa dell’inflazione (scarsità), le soluzioni sono: ulteriore produttività, con le riforme sociali e sul lavoro, l’imposizione di mercati sovranazionali con trattati economici (Ttip e Ceta) per soddisfare esternamente il disperato bisogno di consumatori che hanno i gruppi globali e il sostegno artificioso dell’inflazione con le politiche monetarie. Sull’efficacia di queste azioni correttive ognuno può farsi la propria opinione.
Cosa più grave si stanno esautorando gli Stati, specialmente della vecchia Europa (anche per questo è opportuno opporsi alla riforma costituzionale e votare NO al referendum) che evidentemente è meglio trasformare in aziende, governate da un amministratore delegato e un consiglio di amministrazione possibilmente nominati, dove i cittadini come piccoli azionisti contino zero.
Lo scopo è la privatizzazione degli asset e dei servizi pubblici ma, temo anche, impedire gli investimenti nelle attività ad alto “costo marginale” che potrebbero rivitalizzare i consumi interni, ma che non sono affare per i grandi gruppi.