Era ancora un'universitaria quando fece parlare di sé dopo un attacco frontale a un senatore ultraconservatore. La conversione ai democratici per gli orrori del Vietnam e la discriminazione razziale. Il lavoro sui Nixon tapes del Watergate. Poi il matrimonio con Bill, lo scandalo Lewinski, da cui è uscita a testa alta. Ora l'ultimo miglio per diventare la prima donna presidente degli Stati Uniti. Emailgate permettendo
Non ci sto al giochetto facile di sparare alla quaglia Hillary Clinton, soprattutto dopo l’ineluttabile October surprise, la sorpresa d’ottobre, che perseguita ogni campagna presidenziale stellestrisce, ossia il vendicativo ritorno dell’Emailgate, che, per chi non lo sapesse ancora, riguarda il trasferimento di posta potenzialmente “di interesse nazionale” dunque estremamente riservata, su server privati, nel periodo in cui la Clinton era diventata Segretario di Stato (carica che lasciò nel 2013). Una questione delicata, diventata il tallone d’Achille della candidata, la buccia di banana sulla quale il perfido Trump spera che scivoli e finisca a gambe all’aria con quest’ultima riapertura dell’indagine Fbi, annunciata undici giorni prima del voto, con sospetta sollecitudine, visto che lo stesso capo dell’Fbi, un repubblicano, ha ammesso di non conoscere ancora i dettagli del materiale scovato nel computer dell’ex marito di Huma Abedin, assistente di Hillary. Per i particolari, rimando alle cronache.