La Vos Hestia ci pare leggermente piegata su un fianco come stesse riposando. La nave di Save the Children che salva i bambini migranti è all’ormeggio nel porto di Catania, di miglia ne ha fatte tante negli ultimi giorni e il tempo non è stato clemente. Bisogna approfittare dei momenti di tregua, l’emergenza è all’ordine del giorno, l’equipaggio è stremato.
Secondo stime dell’associazione sono almeno 21mila i bimbi e gli adolescenti non accompagnati che quest’anno sono arrivati in Italia e 660 sono le vittime accertate. Delle altre solo il mare lo sa. E mentre nel Belpaese e in Europa infuriano le polemiche (accogliere o respingere?), qualcuno prova ad affrontare un problema concreto che forse prescinde da qualunque presa di posizione: in mare un bimbo annega, lo salviamo o no? Non basta lo sforzo della nostra Marina, le Capitanerie di Porto, delle ong come Save the Children, Medici senza frontiere, Croce Rossa e tanti altri ad arginare il fenomeno perché il numero di vittime aumenta, in un anno è più che raddoppiato.
E i minori non accompagnati sono sempre di più, se prima l’età media era 15, 16 anni oggi è spaventosamente diminuita. Pochi giorni a fa a Palermo sono sbarcati quattro fratellini il più grande ne aveva 10 e la più piccola 2. Non dobbiamo parlare di profughi, rifugiati o migranti, ma semplicemente di bambini. Salvarli già in mare è fondamentale perché prima li si strappa ai trafficanti e alle bare galleggianti nelle quali arrivano meglio è. questa settimana dalla Vos Hestia è stata ripescata una donna all’ottavo mese di gravidanza, in elicottero è stata trasportata a Malta dove ha partorito, lei è il bimbo stanno bene. “Ma sarebbe bastata solo un’ora di più – dice il medico di bordo – perché non ci fosse più nulla da fare”.
Le storie finite bene come questa sono centinaia. Giovanna Di Benedetto, portavoce dell’associazione che da anni opera in Sicilia, le racconta a mezza voce, le servono a inghiottire l’orrore che deve affrontare quotidianamente. Racconta di una bimba siriana di due anni scampata a un naufragio che venne ritrovata in braccio a un uomo, alto e possente. “Il gigante e la bambina”, così li soprannominò la stampa locale. Lui l’aveva vista che galleggiava in mare e l’aveva salvata. La piccola aveva perso i genitori ed era stata data in affido a una famiglia italiana, la neo mamma diceva che non c’era modo di farla addormentare, sino a che le venne un’idea, si mise un velo e la piccola trovò finalmente ristoro nel sonno. Oggi è tornata in Siria vive con la zia e il nonno che Save the Children è riuscita a rintracciare.
Non tutte le storie sono a lieto fine, e recuperare questi bimbi è difficile, ciò che li accomuna è che hanno dovuto subire violenze inimmaginabili: sono stati segregati, picchiati, violentati, con bastoni, coltelli, pistolettate dai trafficanti che li rapiscono per chiedere soldi alle famiglie d’origine. “Non c’è alcun riguardo o rispetto – dice ancora Giovanna Di Benedetto – per i più deboli come i piccoli o le donne. Uno dei piccoli mi raccontò che una volta arrivato in Libia, gli dissero: benvenuto all’inferno”.
Per questo sulla Vos Hestia sono imbarcati mediatori culturali, esperti in protezione dell’infanzia e anche legali, che possono poi offrire informazioni a chi a terra dovrà occuparsi dei minori. Questo è il tema, salvarli non basta, bisogna farsene carico.
E’ recentemente passata alla Camera (non ancora al Senato) una proposta di legge sull’accoglienza dei minori migranti perché venga istituito un sistema su tutto il territorio nazionale, si pensa di creare una banca dati, realizzare procedure di identificazione e accertamento dell’età, ma anche di incrementare l’istituto dell’affido. Che non vuol dire adottare il bambino, ma farsene carico per un po’ e donargli l’affetto necessario per restituirgli la voglia di continuare a vivere. Per farlo bisogna essere formati e avere determinati requisiti. Si tratta di una soluzione concreta.
Ma da noi è come se ci fosse un black out, qualcuno spende cifre enormi per un bimbo in provetta, ciò vuol dire che la voglia di fare i genitori c’è, e poi si fa fatica a trovare chi voglia occuparsi di un bimbo che il mare ci restituisce. Non c’è la consapevolezza che in qualche modo siamo noi ad avere bisogno dei migranti, sebbene questo per alcuni sia difficile da accettare.
Quanto scriviamo non è certo un atto di accusa, non c’è un valore o disvalore nell’essere favorevoli all’accoglienza oppure contrari. Come banalmente avviene in tutte le cose della vita, c’è chi fa e chi no. Nel Canale di Sicilia un bimbo sta per affogare, lo salviamo o no? Questo post è anche un appello ai nostri parlamentari affinchè la legge sull’accoglimento dei minori passi al più presto.
Foto tratta dalla pagina Facebook ufficiale di Save the Children