Murat Sabuncu è il nome di un signore turco che ai più non dice nulla. Si tratta del redattore capo del giornale di opposizione al governo di Erdogan, Cumhuriyet (Repubblica), che è stato arrestato e il giornale è stato oggetto di perquisizioni così come le case di alcuni redattori. Cumhuriyet ha svolto sempre un ruolo dialettico nei confronti del governo Erdogan e nell’aprile dell’anno scorso era uscito con un titolo in prima pagina “Mai più” riferendosi al genocidio degli armeni compiuto cento anni fa dalla Turchia. Questa presa di posizione del giornale fu considerata coraggiosa vista la politica governativa che aveva sempre negato che si era trattato di un genocidio da parte dei Giovani Turchi.
Ma questo è marginale rispetto all’arresto di Murat Sabuncu, il vero motivo è il lavoro di repressione che Erdogan sta portando avanti in seguito al fallito colpo di Stato contro tutti coloro che a detta del despota turco ha avuto a che fare direttamente e indirettamente con Fethullah Gülen, il predicatore che vive negli Stati Uniti e che è considerato l’artefice del tentativo di colpo di Stato. Erdogan ha anche chiesto l’estradizione di questo predicatore che dovrebbe essere giudicato secondo le leggi turche e probabilmente, se il disegno di legge che prevede la pena di morte dovesse essere approvato dal Parlamento, Fethullah, quasi sicuramente sarebbe il primo di una lunga lista.
Per il momento nessuna procedura in tal senso è andata in porto. Le accuse contro i giornalisti sono le più svariate e le più generiche e vanno dalla divulgazione di segreti di Stato a quelle più gravi di avere legami con un’associazione terrorista. La centralità che per il governo ha l’estradizione di Fethullah Gülen è riuscita a spostare le simpatie dell’opinione pubblica turca dalla Clinton a Trump, parliamo di quella che è rimasta fedele alla politica di Erdogan.
All’inizio i media turchi pro regime erano rimasti sospettosi per non dire ostili a Trump per le sue dichiarazioni islamofobiche. Interdire l’entrata dei musulmani in America, questa sembrava dovesse essere la politica dell’America in caso di vittoria di Trump. Poi vi erano stati dei correttivi, tra cui il più importante la dichiarazione di sostegno alla politica della Turchia e del suo governo, mentre la Clinton viene percepita come una protettrice del predicatore Gülen. Per rendere più credibile questo discredito la stampa pro-governativa ha detto che i soldi raccolti dal movimento del predicatore sono stati destinati alla campagna della Clinton che agli occhi della maggioranza turca rappresenta la continuità di una politica che ha visto la Cia implicata nel tentativo di colpo di Stato.
Per fortuna che i turchi di Turchia non votano negli Stati Uniti.