Donald Trump agita lo spettro della crisi costituzionale e lancia un’altra stoccata alla rivale democratica Hillary Clinton. “L’inchiesta durerà anni. Probabilmente inizierà un processo”, ha detto il tycoon ai suoi sostenitori a Grand Rapids, in Michigan. Il riferimento è ovviamente alla riapertura dell’indagine dell’Fbi sulle email del server privato usato dalla Clinton, quando era Segretario di stato. Un nuovo scandalo scoppiato in modo casuale: il Federal bureau of investigation si è imbattuto infatti nei messaggi inviati dall’account privato dell’ex First lady, mentre indagava sul “sexting” di Anthony Weiner, deputato democratico che condivideva il pc con la moglie Huma Abedin, sua principale collaboratrice. Un’inchiesta che rischia ora di interferire con la corsa alla Casa Bianca di Hillary Clinton e della quale Trump prova ad approfittare, parlando di una “crisi costituzionale che non possiamo permetterci”.

Alla notizia della riapertura del caso delle email la candidata democratica aveva reagito sfidando in modo esplicito James Comey, direttore dell’agenzia. È “imperativo” che l’Fbi renda pubblici “tutti i fatti”, aveva detto la Clinton, che anche oggi è tornata sull’argomento. Il manager della sua campagna elettorale, Robby Mook, si è infatti domandato perché il direttore del Bureau non abbia diffuso informazioni riguardo alle indagini sul ruolo della Russia nelle elezioni o sui legami di Mosca con il repubblicano o i suoi collaboratori. “Se sta diffondendo informazioni sulle indagini sui candidati alla presidenza, diffonda tutto quel che ha su Donald Trump. Diffonda le informazioni sui suoi legami con i russi”, ha detto Mook a Cnn. Intanto il New York Times ha riferito, citando fonti ufficiali, come le indagini dell’Fbi non abbiano finora rilevato alcuna prova o legame diretto tra Donald Trump e il governo russo, prendendo in contropiede i democratici.

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