Il tema della povertà, spero lo si sia compreso, mi sta molto a cuore. Da quando un giorno all’angolo di una piazza del centro incrociai una signora anziana, ben vestita, che con estrema timidezza tirò fuori dal cappotto la mano e tese il braccio per chiedere la carità. Da allora mi sono convinto che per comprendere davvero questo dramma che tocca tutti e prima o dopo potrebbe toccare anche noi, ai poveri occorre dare voce. Da invisibili renderli visibili.

È quello che ha fatto Corrado Franco con il suo docu-film Al di qua, attualmente nelle sale, in cui appunto ha dato la parola ai poveri, quaranta poveri di Torino (che di poveri ne conta ben circa 140.000) che sono diventati protagonisti, e si sono confessati di fronte alla cinepresa. E non è la prima volta che degli emarginati diventano attori. Basti pensare a Tutta colpa di Giuda di un altro torinese, Davide Ferrario, in cui protagonisti sono i detenuti del carcere delle Vallette.

Ma perché Al di qua? Al di qua ci siamo noi, spettatori, che il film lo vediamo sotto un tetto, che un lavoro o comunque un reddito sicuro l’abbiamo, così come abbiamo la garanzia dei pasti giornalieri, mentre al di là ci sono loro, che non hanno un tetto, non hanno (più) un lavoro, che mangiano perché qualcuno gliene dà, e che aspirano a venire di qua.

Ma il film si pone anche la domanda dell’aldilà in senso stretto e i poveri rispondono così alla domanda se c’è un dio (che permetterebbe tutto questo). Qualcuno non ci crede, molti sì, qualcuno dubita. Salvo poi ritrovarsi tutti nella cappella dell’ospedale a ricordare quel loro compagno morto di stenti (unica concessione alla fantasia del film). E proprio nell’entrata dell’ospedale è girata la scena più potente del film con quei poveri che sembrano marciare come nel Quarto Stato di Pelizza da Volpedo, solo che in mano hanno solo le loro misere cose.

Girato in un rigoroso bianco e nero, così come rigorosa e scevra di retorica è l’immagine dei poveri, accompagnato da musiche di Bach, Al di qua è un film sincero e toccante che tutti dovremmo vedere.

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