Se l’Italia riducesse il numero di giovani non occupati, non iscritti a scuola e non in formazione professionale, ne deriverebbe un beneficio economico nel lungo periodo pari all’8-9% del Pil. È quanto emerge dall’ultimo studio Young Workers Index di PricewaterhouseCoopers (PwC), che dal 2006 analizza il livello di occupazione, scolarizzazione e formazione professionale dei giovani tra i 15 e i 24 anni dei 35 Paesi Ocse.

Il nostro paese si colloca in fondo alla classifica, mentre Svizzera, Germania e Austria si confermano al vertice, perché hanno saputo mantenere bassi livelli di disoccupazione giovanile dopo la recessione globale (grazie a sistemi educativi che promuovono la formazione professionale e l’apprendistato) e hanno così ridotto la componente di giovani rimasta esclusa dal mercato del lavoro. Sono seguite da Islanda, Norvegia e Danimarca. I migliori progressi nel periodo 2006-2015 sono stati compiuti invece da Israele, Lussemburgo e la stessa Germania. Mentre i paesi del Sud Europa come Italia, Spagna e Grecia, cercano faticosamente di recuperare dopo la crisi finanziaria.

Secondo PwC, se i Paesi Ocse riuscissero a raggiungere i livelli oggi presenti in Germania come numero di giovani occupati, scolarizzati o in formazione professionale, il potenziale slancio economico sarebbe pari al 2-3% per Stati Uniti, UK e Francia e raggiungerebbe un potenziale del 7-9% in Turchia, Spagna e Grecia. Quanto all’Italia, è tra i Paesi che potrebbero beneficiare di più di questo potenziale, valutato appunto tra l’8 e il 9% del Pil.

“Nel nostro studio abbiamo identificato tre leve chiave che caratterizzano il mercato del lavoro nei Paesi con le migliori performance” spiega Francesco Ferrara, partner di PwC. “In primo luogo, un sistema educativo che combina educazione scolastica e formazione professionale così da offrire molteplici opzioni nel passaggio al mondo del lavoro“. “In secondo luogo – aggiunge Ferrara – un differente approccio da parte delle aziende rispetto all’assunzione dei giovani, con iniziative mirate alla loro preparazione. Infine, è importante ridurre le barriere che ostacolano le possibilità di lavoro per chi provenie da contesti socio-economici svantaggiosi”.

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