Fuad Hussein, capo di gabinetto del presidente curdo Barzani, parlando al quotidiano britannico "Independent", spiega che il leader dello Stato islamico si trova nella città assediata dalle forze governative. I jihadisti, intanto, hanno sequestrato decine di ragazzi e li hanno rinchiusi nelle moschee. Esplodee l'emergenza sfollati: per l'Onu il loro numero è in costante aumento
“Se Baghdadi è a Mosul, e se viene ucciso, l’Isis cadrà”. Nei giorni dell’assedio dell’esercito iracheno alla “capitale” dell’autoproclamato califfato, Fuad Hussein – capo di gabinetto del presidente curdo Massoud Barzani – al quotidiano britannico Independent rivela che il leader dell’Isis Abu Bakr al-Baghdadi si troverebbe a Mosul, dove sono entrate le forze governative. “E’ ovvio che perderanno – ha aggiunto Hussein – ma non sappiamo quanto tempo sarà necessario perché ciò accada”. L’uccisione del Califfo costringerebbe l’Isis a dover eleggere un successore, ma nessuno dei suoi comandanti esercita il suo stesso carisma e capacità attrattiva di nuovi seguaci. E la tensione aumenta anche sul fronte geopolitico, con Baghdad che minaccia Ankara in caso voglia intervenire militarmente in Iraq.
Intanto i miliziani dello Stato islamico proseguono le loro rappresaglie all’interno della città, ormai circondata da esercito iracheno e peshmerga curdi e dove le milizie sciite avanzano da ovest, presidiando le vie di fuga verso la Siria. I jihadisti hanno ucciso 52 giovani in un collegio pubblico e, secondo quanto riferito da gruppi di attivisti, rastrellato decine di giovani per poi rinchiuderli nelle moschee del centro. Messi alle strette dall’avanzata dell’esercito regolare su Mosul, hanno inoltre intensificato le rappresaglie nei confronti dei civili e degli ex membri delle forze di sicurezza.
La rapidità della caduta della città, secondo Hussein, dipende da molti fattori: innanzitutto dalla tattica che i miliziani del Califfo decideranno di adottare per difendere le loro posizioni. La città, ad esempio, è divisa in due dal fiume Tigri e l’Is potrebbe decidere di “distruggere i cinque ponti sul fiume”, rallentando l’avanzata delle forze governative. Nella giornata di oggi, in ogni caso, le truppe irachene rimarranno ferme.
Esplode l’emergenza sfollati – “Da lunedì il numero di sfollati è cresciuto significativamente”, ha spiegato Jennifer Sparks, dell’Organizzazione Internazionale per le Mingrazioni. “E’ di fatto impossibile ora quantificare l’impatto dell’avanzata irachena a Mosul”, sottolinea invece Giulia Cappellazzi di Un ponte per Iraq. “Alcuni campi sono pieni e c’è un problema legato alla sicurezza”, racconta il viceministro per i rapporti con l’Onu del Kurdistan, Dendar Zebari.
Tensione tra Baghdad e Ankara – All’origine lo schieramento di carri armati e artiglieria turca nel distretto di Silopi, sul confine con l’Iraq. Il premier iracheno Haidar al Abadi ha nuovamente invitato la Turchia a non intervenire militarmente in Iraq. “Non vogliamo combattere contro i soldati di Ankara – ha detto al Abadi -, ma se le truppe turche mettono piede in Iraq pagheranno un caro prezzo, subiranno molte perdite”. Non si è fatta attendere la risposta di Ankara. “Non c’è nessuno che sostiene l’Iraq più della Turchia – ha risposto il ministro degli esteri turco -, la quale vuole che l’Iraq protegga la sua integrità territoriale e la sua indipendenza. La sicurezza e la stabilità dell’Iraq sono importanti quanto le nostre”. E, rivolto a Abadi ha aggiunto: “Se hai tutta questa forza, perché hai lasciato che le organizzazioni terroristiche prendessero Mosul? Perché il Pkk ha invaso la tua terra per anni?”.