Tra Corone di Preci e Visso, a cavallo tra le province di Perugia e Macerata, Pietro Tranquilli e i suoi famigliari non si danno pace. Il terremoto del 30 ottobre ha spaccato le vasche dove da oltre mezzo secolo allevano trote. “Ne abbiamo perse almeno un milione, letteralmente inghiottite dalle crepe”. E non si sa ancora quale fine toccherà agli avannotti dell’Ittica Tranquilli che si sono salvati. Qui, in una decina di aziende, nascono e crescono circa dieci milioni delle trote che finiscono sul mercato. Nuotano nelle acque del Nera, il cui corso è stato deviato da una frana. “Chiedo che quando lavoreranno per rimediare ai danni facciano attenzione a non rovinarci ancora di più. Se l’acqua si sporca, è la fine”, è l’allarme lanciato da Tranquilli. Perché le trote la vogliono pura, altrimenti non mangiano e muoiono. L’itticoltura è uno dei business della zona umbro-marchigiana, ma nel sistema dell’agroalimentare si contano centinaia di emergenze a causa delle scosse. Una filiera che dà lavoro ad almeno 10mila persone secondo le stime della Coldiretti e ‘protegge’ specialità conservate da secoli. A rischio c’è la lenticchia di Castelluccio e il pecorino dei Sibillini, ma anche la patata rossa di Colfiorito, lo zafferano e il tartufo, fino a due prodotti Igp come il vitellone bianco e il prosciutto di Norcia. Con la produzione di questi patrimoni in pericolo rischia di crollare anche l’indotto del turismo enogastronomico che – secondo uno studio di Unioncamere e ministero dell’Ambiente – porta nella zona dei Monti Sibillini circa 220mila turisti all’anno.
Coldiretti: “Fate presto” – L’appello di Enzo Bottos, direttore di Coldiretti Marche, rimanda a un altro terremoto, quello dell’Irpinia nel 1980: “Fate presto. Bisogna muoversi in fretta. Siamo a novembre e tra poco qui sarà già inverno”. Le emergenze nella province di Ascoli e Macerata sono tra le più disparate. Su una la Coldiretti sta però focalizzando l’attenzione: “Abbiamo l’urgenza di reperire ricoveri per gli animali. Abbiamo censito 330 imprese agricole, prevalentemente zootecniche – spiega Bottos a ilfattoquotidiano.it – Servono moduli-stalla perché molte sono inagibili. Migliaia di bovini da latte, bovini per la produzione di carne e ovicaprini sono in pericolo. E la situazione può solo peggiorare nelle prossime settimane con il freddo e il rientro di quelle mandrie che sono ancora al pascolo”. Come gli animali avranno bisogno di nuove abitazioni anche gli allevatori, che devono rimanere in zona e non possono permettersi di vivere negli hotel sulla costa. “Grazie alla nostra rete nazionale stiamo reperendo roulotte e caravan, ma si tratterà di soluzioni tampone. Poi dovranno intervenire le istituzioni”, aggiunge Bottos che si dice tranquillo per quanto riguarda la filiera del latte e aggiunge che “le verifiche sono ancora in corso per quanto riguarda le scorte di mangimi”. E iniziano a esserci i primi problemi nella conduzione delle aziende agricole perché in questo periodo è in corso la semina di frumento e cereali: “I campi hanno bisogno di cura perché le temperature si stanno abbassando e gli agricoltori si trovano a decine, a volte centinaia, di chilometri di distanza”.
Video di Mauro EpiscopoAgriturismi: disdette e crollo prenotazioni – L’allerta è alta anche per quanto riguarda il turismo. Secondo un’analisi di Coldiretti su dati Istat, nel versante marchigiano delle aree colpite sono attivi circa 180 agriturismi, due terzi nella sola provincia di Macerata. “Alcuni sono chiusi perché inagibili, ma il problema riguarda tutti perché sono arrivate migliaia di disdette – spiega Bottos – e ovviamente non ci saranno nuove prenotazioni fin quando la situazione non tornerà alla normalità”. Un pesante danno indiretto per il fulcro dell’attività ricettiva della zona – assieme a bed and breakfast e piccoli alberghi – che è strettamente legato al settore agroalimentare, a sua volta in ginocchio. L’asse tra eccellenze del territorio e turismo attira verso i Monti Sibillini circa 220mila turisti ogni anno, molti anche nel periodo natalizio. E ora rischia di avvitarsi su se stesso. “Per questo dico che bisogna fare in fretta, sburocratizzare e velocizzare gli interventi necessari – implora Bottos – Senza perdere di vista i controlli, perché non vogliamo che ci siano sprechi e fondi che si perdono in attività non necessarie”.
Il ministero si attiva – Il ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina e gli assessori delle regioni colpite prevedono che le stalle e i moduli abitativi verranno installati a partire dalla prossima settimana. E in un incontro proprio con Coldiretti è stato varato anche un piano per la copertura del mancato reddito delle imprese di allevamento pari a 400 euro a capo di bovino che comporterà un aumento dello stanziamento da 1 a 10 milioni, oltre ad anticipi sui contributi europei per far fronte alle esigenze di liquidità. Dal lavoro degli allevatori e degli agricoltori dipende infatti il futuro dell’offerta enograstronomica dell’area. “Se non si creano le condizioni per restare sul posto, garantendo vivibilità e operatività, il rischio è la chiusura di molte aziende”, avverte Coldiretti.
Le guide: “Sui sentieri situazione compromessa” – Con il conseguente crollo del turismo, che al confine tra Umbria e Marche vuol dire anche escursionismo. “È tutto compromesso. Tutte le chiesette che erano lungo i sentieri sono andate distrutte, quasi rase al suolo”. Quello affrescato da Leonardo Perrone, coordinatore delle Guide ambientali escursionistiche delle Marche, è un quadro drammatico. Lontano dai centri abitati, lungo i percorsi della transumanza e le mulattiere che portano verso le cime dei monti Sibillini, “le chiesette che rappresentavano le tappe più importanti per i turisti che guidavamo nei percorsi sono praticamente rase al suolo, non c’è quasi più nulla”. Gravemente danneggiata anche la chiesa di Santa Maria in Pantano ai piedi del monte Vettore, una storia millenaria alle spalle e “luogo simbolo delle guide”. Tra gli affreschi più preziosi c’erano quelli delle Sibille Appenniniche. Si racconta che queste mitologiche fate furono sorprese dalle luci dell’alba a Castelluccio di Norcia e fuggirono verso la cima, spaccando la roccia con i loro zoccoli di capra. Oggi quel percorso lo chiamano Strada delle Fate ed è la zona dell’epicentro del terremoto di agosto. Da qui è partito tutto e da qui bisogna ripartire: “Vedere la chiesa in quelle condizioni è un colpo al cuore. Bisogna riportarla al vecchio splendore. Ora come ora non c’è più nulla da raccontare”.