UN MOSTRO DALLE MILLE TESTE, 7 MINUTI, LA PELLE DELL’ORSO, LA RAGAZZA DEL TRENO, Leggi le recensioni, guarda i trailer e consulta le schede tecniche
UN MOSTRO DALLE MILLE TESTE di Rodrigo Plà. Con Con Jana Raluy, Sebastián Aguirre, Hugo Albores. (Messico, 2015) Durata: 74’. Voto 5/5 (DT)
Un uomo malato di cancro, un farmaco non concesso dall’assicurazione privata, il sempiterno conflitto di classe, e una pistola. Rodrigo Plà, con la fida sceneggiatrice Laura Santullo, mette ancora una volta in scena un testo alla Ken Loach tutto ingiustizie sociali e mostruosità disumane del capitale. Se il profitto ragiona in percentuali di perdite e ricavi, e non per reale bisogno dell’essere umano su cui lucra, anche la sanità diventa, anzi è già da tempo, un affare finanziario. Negli Usa ce lo aveva spiegato Michael Moore con Sicko; in Italia lo smantellamento del welfare sta già dando i suoi frutti; qui in una grande metropoli del Messico, Sonia, la moglie del protagonista malato, assume su di sé, trascinandosi dietro il figlio adolescente, il ruolo di “vendicatrice” cercando la firma su un documento da parte di una mezza dozzina di medici, dirigenti e soci proprio di quell’azienda che non vuole concedere la cura palliativo. Squash, saune, vasche dai rubinetti d’oro, villone milionarie e piani alti con custodi in livrea, quando a Sonia le buone maniere nel chiedere un proprio diritto non bastano più, e le tocca subire indifferenza e cinismo, passa prima alle sberle sul visino di una segretaria poi alle ripetute minacce con un’arma in mano contro i pezzi grossi. Macchina da presa fissa a creare inquadrature dai contorni indeformabili, zeppe all’interno di specchi e pareti trasparenti dove spesso si perde il riflesso delle silhouette dei protagonisti e la dinamica del thriller si “sgonfia” della tensione di genere per far spazio alla riflessione politica del conflitto, Un Mostro dalle mille teste è cinema tosto, durissimo, che non fa sconti allo spettatore nel mostrare l’avidità e l’orrore di un mostro generato dall’uomo contro l’uomo, come nel concedere un barlume di speranza sul finale, una fiamma di radicale ribellione anche quando tutto sembra perduto. Dura appena più di un’ora, ma non si staccano gli occhi dallo schermo. Straconsigliato.