L'operazione della Dda di Reggio Calabria contro le cosche della Piana ha coinvolto anche Roma e le province di Pavia, Como, Varese e Monza-Brianza. Tra le accuse armi, droga, lesioni, frode sportiva. Sequestrati beni per 30 milioni di euro, compresa la Polisportiva Laureanese, che gioca in Promozione
Dalla Piana di Gioia Tauro alla Lombardia, andata e ritorno. Il blitz dei carabinieri ha colpito le cosche Ferrentino-Chindamo e Lamari di Laureana di Borrello (Reggio Calabria). In manette sono finite 41 persone con il provvedimento di fermo ordinato stamattina dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria che agli indagati contesta i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, concorso esterno con la ‘ndrangheta, porto e detenzione di armi, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope, estorsione, danneggiamenti, lesioni personali gravi, frode sportiva, intestazione fittizia di beni e incendio.
L’operazione “Lex” è scattata stamattina all’alba e ha interessato non solo la provincia di Reggio Calabria ma anche quelle di Roma, Milano, Vibo Valentia, Pavia, Varese, Como, Monza-Brianza e Cagliari. In manette, tra gli altri, è finito anche l’assessore al Verde pubblico del Comune di Laureana di Borrello, Vincenzo Lainà, ritenuto il referente politico del clan Ferrentino-Chindamo e indagato per concorso esterno in associazione mafiosa.
Attraverso il Comune, infatti, secondo l’accusa la cosca riusciva ad accaparrarsi appalti e lavori che poi venivano assegnati alle imprese e società riconducibili ai boss a cui i carabinieri (guidati dal comandante provinciale Giancarlo Scafuri e dal colonnello Vincenzo Franzese) stamattina hanno sequestrato beni per oltre 30 milioni di euro tra immobili e attività imprenditoriali.
I sigilli, infatti, hanno interessato appartamenti a Laureana di Borrello, Vibo Valentia, Voghera (Pavia) e Bregnano (Como), quattro imprese di costruzioni, una di import-export operante nel porto di Gioia Tauro, un’edicola, un supermercato e anche una squadra di calcio: la Polisportiva Laureanese inserita nel campionato di Promozione (girone B). La gestione della società sportiva, secondo gli inquirenti, era infiltrata dalla famiglia Lamari che si serviva del pallone per creare consenso. Gli investigatori, inoltre, hanno riscontrato che il clan ha “combinato” il risultato in almeno due incontri di calcio.
Nelle carte dell’inchiesta “Lex” ci sono anche le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia che hanno consentito di delineare gli assetti dell’organizzazione criminale e le sue ramificazioni nel nord Italia. Durante le indagini i carabinieri avevano arrestato già cinque persone perché trovate in possesso di 2 chili di marijuana, 3 pistole, un fucile, centinaia di munizioni e 2 chili di polvere da sparo. Nelle 2754 pagine del decreto di fermo sono stati ricostruiti gli episodi di violenza contestati agli indagati dell’operazione “Lex”, condotta dal maggiore Francesco Cinnirella. “Si tratta di un provvedimento che dovrebbe leggere tutta Italia per rendersi conto cosa sono le cosche mafiose” è il commento del procuratore di Reggio Federico Cafiero De Raho.
La ‘ndrangheta crea consenso anche con il calcio. Nell’inchiesta sono finite due partite truccate e vinte dalla Polisportiva Laureanese nel marzo 2015. La prima contro il Fonti di Lamezia Terme i cui calciatori, misteriosamente, non sono scesi in campo nel secondo tempo facendo vincere a tavolino i padroni di casa. Il 22 marzo, invece, è toccato all’Aprigliano. Prima della partita, i tifosi della squadra cosentina avevano schiaffeggiato uno degli indagati appartenenti alla cosca Lamari. Capito il rischio che hanno corso, l’Aprigliano ha fatto vincere per 6 a 0 la Laureanese.
Ma non solo. Il procuratore De Raho ha ricostruito le angherie subite da un soggetto da parte di “un appartenente alla cosca Chindamo che pretendeva di unirsi sessualmente con sua moglie. Al suo rifiuto, la vittima è stata intimidita”. E ancora: “Un giorno il figlio di uno dei Ferrantino ha preso a calci le porte della scuola. Rimproverato da un operatore scolastico, quest’ultimo è stato aggredito dalla famiglia del ragazzo”. Quella di Laureana di Borrello “è una situazione grave – conclude il magistrato – Lì c’è una signoria assoluta della cosca”. Una zona che, secondo il procuratore aggiunto Gaetano Paci, “è sconosciuta ai più ma dove la ‘ndrangheta ha un completo controllo politico, economico e finanziario del territorio”.
In Calabria come in Lombardia dove risiedono buona parte degli arrestati. A Voghera, alcuni esponenti della famiglia Ferrentino sequestrarono per alcune ore un imprenditore per costringerlo a gestire un’impresa edile in nome e per conto del clan. A Milano, inoltre, stamattina è stato perquisito lo studio di un noto penalista ritenuto dagli inquirenti vicino alla cosca. “Dopo le faide degli anni Ottanta e Novanta – sottolinea il procuratore aggiunto Paci – le famiglie mafiose non si fanno più a guerra e si spartiscono gli affari. Basta pensare che ogni attività del Comune è condizionata dalle cosche. Durante le indagini abbiamo riscontrato che buona parte dell’amministrazione comunale era impermeabile a qualunque controllo di legalità”. E sulla scrivania del prefetto di Reggio Calabria ci sono già le carte che potrebbero portare allo scioglimento del Comune di Laureana di Borrello.