Il presidente del Consiglio ha attaccato pubblicamente Grillo perché evita i confronti tv con lui, ma al tempo stesso evita di dibattere con i grillini. Obiettivo è mantenere la schema vecchio-nuovo e fuggire da interlocutori che possano mettere in crisi la sua immagine di leader che "vuole cambiare le cose"
No ai 5 stelle, sì ai leghisti, ai berlusconiani e ai vecchi politici. Matteo Renzi, salvo sorprese, eviterà i confronti tv con gli esponenti M5s, si sceglierà personalmente gli interlocutori e al massimo potrà accettare faccia a faccia con rappresentanti del Carroccio o parlamentari più anziani. La regola, come racconta la Stampa, viene direttamente dal presidente del Consiglio che nelle ultime settimane di campagna elettorale per il referendum studia con attenzione le strategie di comunicazione. Così mentre pubblicamente attacca Beppe Grillo di fuggire dai dibattiti televisivi, non intende accettare la sfida di Luigi Di Maio o Alessandro Di Battista. Proprio quest’ultimo nello studio della Gruber su La7 con il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari, si è rivolto a Renzi: “Perché ha paura di confrontarsi con noi?”.
Domanda destinata a cadere nel vuoto perché, almeno per il momento, il leader dem non intende accettare la sfida. L’obiettivo, studiato a lungo con il consulente Usa Jim Messina e la produttrice tv Simona Ercolani, è quello di mettere in evidenza agli occhi degli elettori una presunta dicotomia tra il vecchio che non vuole cambiare le cose e il nuovo che lui stesso si sente di incarnare. Quindi Renzi accetterà dibattiti solo con personaggi come il capogruppo di Fi Renato Brunetta o gli ex Pd Stefano Fassina e Alfredo D’Attorre. Sono benvenuti soprattutto i confronti con quelli che Renzi definisce “i dinosauri da Prima Repubblica”, vedi Ciriaco De Mita con il quale si è scontrato nel programma “Sì o No” di Enrico Mentana.
Dentro il partito è anche aperta la caccia da tempo per avere altri volti noti che affianchino il presidente del Consiglio nella campagna televisiva. Servono giovani, ma che siano preparati. Rientra in questa operazione il ripescaggio del vecchio amico, poi allontanato e ora di nuovo all’improvviso nelle grazie di Renzi, Matteo Richetti: il deputato aprirà la Leopolda e sarà il “frontman per il Sì”. Poi c’è Maria Elena Boschi, ma anche i ministri Dario Franceschini e Andrea Orlando. Tutti sono mobilitati per un coinvolgimento diretto e per evitare lo sfilacciamento delle truppe nel caso in cui vincesse il fronte del No.