L’Italia ha la possibilità di chiedere all’Unione europea fino a 354 milioni di euro per gli interventi di emergenza nelle zone del Centro Italia colpite dal terremoto. Il conto alla rovescia per presentare la domanda al Fondo di solidarietà dell’Ue, partito il 24 agosto, termina il prossimo 16 settembre. Giovedì è stata la stessa Commissione Ue a ricordarlo al premier Matteo Renzi, impegnato nel frattempo nell’usuale esercizio di attacco frontale a Bruxelles (“è impensabile che per la stabilità della Ue crollino le scuole”, ha ribadito parlando al Politecnico di Milano): Jean Claude Juncker e i commissari per la gestione delle crisi e per le politiche regionali, attraverso un portavoce, hanno ripetuto che sono “pronti ad aiutare con misure concrete” come il meccanismo Ue di protezione civile e il Fondo di solidarietà “se l’Italia ne fa richiesta”. “E’ assolutamente opportuno farlo”, commenta il portavoce del commissario straordinario per la ricostruzione Vasco Errani, la cui struttura è ancora senza risorse e senza uomini. “La competenza però è di Palazzo Chigi“. Che rimanda la palla nel campo del Tesoro. Da cui ilfattoquotidiano.it non ha ottenuto chiarimenti. La Protezione civile, comunque, fa sapere che il dossier è in fase di preparazione e sarà presentato entro la scadenza, integrato il più possibile con la documentazione dei danni causati dalla scossa di domenica 30 ottobre.

Dodici settimane per fare richiesta. Possibile un anticipo fino a 30 milioni – Al Fondo di solidarietà, nato nel 2002, può rivolgersi ogni Paese membro che sia stato colpito da una grave catastrofe naturale tale da provocare danni per oltre 3 miliardi di euro o superiori allo 0,6% del reddito nazionale lordo. Sono ammessi al finanziamento, che va a integrare i fondi pubblici stanziati dallo Stato beneficiario, il ripristino delle infrastrutture e degli impianti nei settori dell’energia, dell’acqua potabile, delle acque reflue, delle telecomunicazioni, dei trasporti, della sanità e dell’istruzione, la fornitura di strutture ricettive provvisorie – quanto mai urgente dopo la scossa di magnitudo 6.5 di domenica – il finanziamento dei servizi di soccorso, la “messa in sicurezza delle infrastrutture di prevenzione e tutela del patrimonio culturale” e il risanamento delle zone sinistrate, comprese le zone naturali. Bisogna farne richiesta entro 12 settimane dal disastro. L’ammontare della sovvenzione dipende dai danni diretti e dal loro impatto stimato sulla popolazione e l’economia. C’è anche la possibilità di chiedere un anticipo, fino al 10% dell’importo totale del contributo a patto che la cifra non superi i 30 milioni di euro. I soldi vanno spesi entro 18 mesi dall’erogazione e dopo altri sei mesi il Paese beneficiario deve presentare alla Commissione una relazione di esecuzione.

In 14 anni l’Italia ha ottenuto 1,3 miliardi: 493 milioni per l’Abruzzo, 563 per l’Emilia – In 14 anni il veicolo del Parlamento europeo e del Consiglio ha erogato in totale 3,7 miliardi di euro, di cui ben 1,3 miliardi all’Italia. Roma ne ha fatto richiesta otto volte, la prima il 10 gennaio 2003 (governo Berlusconi) per far fronte al terremoto del Molise e all’eruzione dell’Etna e l’ultima nel 2012, dopo il sisma dell’Emilia Romagna. Per il terremoto che ha colpito l’Abruzzo nel 2009 sono arrivati 493 milioni, sempre su richiesta del governo Berlusconi, che il 6 aprile – il giorno della scossa – ufficializzò subito l’intenzione di presentare l’istanza a Bruxelles. Quei soldi furono usati dalla Protezione civile per alloggi provvisori (il discusso progetto CASE) e servizi di primo soccorso alla popolazione colpita. All’Emilia, allora guidata dallo stesso Errani che Renzi ha ora incaricato di gestire la macchina dell’assistenza e della ricostruzione, il Fondo concesse ben 563 milioni, che furono usati nell’arco di 12 mesi per lavori e interventi d’urgenza. Altri 100 milioni andarono a Lombardia e Veneto, anch’esse danneggiate dalle scosse.

Il governo per ora fa da solo. Meno burocrazia per gli interventi di riparazione su case con danni lievi – Il governo non ha per ora ufficializzato l’intenzione di presentare richiesta alla Ue, con cui del resto nel frattempo è in corso un braccio di ferro sulla legge di Bilancio e le “spese fuori patto” tra cui proprio quella per gli interventi antisismici. Anzi, il premier si è spinto a dire che “se serve” è pronto ad aumentare ancora il deficit, che nel 2017 è previsto già al 2,3% del pil, oltre la soglia concordata con Bruxelles. Nell’attesa, per avviare la messa in sicurezza e la ricostruzione l’esecutivo ha stanziato il 27 ottobre 40 milioni di euro integrati il 31 ottobre con altri 40 milioni, che si aggiungono ai 266 milioni per il 2016 e 200 per il 2017 messi in campo dal decreto varato l’11 ottobre. Il consiglio dei ministri di venerdì 4 novembre, invece, ha approvato un decreto che non stanzia nuove risorse (a parte i 10 milioni per gli allevatori) ma velocizza alcune procedure. Per esempio “al fine di favorire il rientro nelle case, per gli edifici con danni lievi – che necessitino cioè soltanto di interventi di immediata riparazione – si prevede che i soggetti interessati possano previa presentazione di apposito progetto firmato da un professionista abilitato che documenti il nesso di causalità tra il sisma e lo stato della struttura, oltre alla stima del danno, procedere al ripristino dell’agibilità degli stabili”. In più il Dipartimento della Protezione civile è autorizzato a acquistare e installare i container per dare assistenza alla popolazione colpita. I Comuni interessati hanno la facoltà di effettuare direttamente gli interventi indispensabili per la messa in sicurezza del patrimonio storico e artistico e sono autorizzati ad assumere a tempo determinato fino a 350 impiegati tecnici e amministrativi. Previsto anche “il rafforzamento della struttura della Protezione civile e di quella del Commissario straordinario alla ricostruzione”.

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