Anche l’Ohio, sino a qualche giorno fa considerato conteso, ora pende verso i repubblicani. Ma il vero campanello d’allarme è rappresentato dal New Hampshire, dove due diverse rilevazioni danno la partita in parità o addirittura a favore del candidato del Gop. Questo Stato è particolarmente significativo per un elemento: ha una vasta percentuale di elettori indipendenti. Ma il vantaggio dell'ex first lady sul miliardario resta rilevante
Ultimi convulsi giorni di campagna elettorale. Hillary Clinton fa campagna con i suoi surrogates, i membri della sua famiglia privata e politica che girano gli Stati Uniti e danno voce alla candidatura: il marito Bill e la figlia Chelsea; e poi Barack e Michelle Obama, il vice presidente Joe Biden, i progressisti Bernie Sanders ed Elizabeth Warren, e ancora una schiera infinita di attori, cantanti, musicisti: Jay Z e Katy Perry, Cher e Bon Jovi, Stevie Wonder e Jennifer Lopez e Beyoncé. Donald Trump invece corre praticamente da solo. A parte qualche isolata apparizione della moglie Melania e dei fidi Newt Gingrich e Rudy Giuliani (oltre ovviamente al suo vice Mike Pence), Trump gira gli Stati Uniti in un rapporto diretto, simbiotico, esclusivo con il suo elettorato.
La sfida, almeno nelle ultime ore, sembra essersi stabilizzata. Clinton è ancora avanti in gran parte dei sondaggi; Trump è però riuscito a recuperare e il suo svantaggio da Clinton è entro il margine d’errore. Un rilevamento Washington Post/ABC News dà Clinton in vantaggio di tre punti: 47 contro 44. Per Fox News il vantaggio della democratica è di due punti: 45% contro 43%. Il New Orleans Times-Picayune è più generoso con Clinton e le assegna un 44% contro il 39 di Trump. Sulla base dei numeri, della media dei sondaggi, della storia presidenziale, il New York Times dà quindi a Clinton l’85% di probabilità di vittoria. Più prudente, ma comunque positivo per i democratici, il verdetto di Nate Silver, il sondaggista di Fiverthirtyeight: Clinton ha un 64,5% di chance di vittoria, contro il 35,4 di Trump.
Il fatto è che, se a livello nazionale Clinton tiene, i numeri che arrivano dai singoli Stati non sono particolarmente incoraggianti per la candidata. Trump sembra anzi capace di rimettere in gioco una serie di swing States che sino a qualche giorno fa sembravano fuori della sua portata. Vediamo più da vicino la situazione.
Swing States – Un dato colpisce della campagna democratica di queste ore. Clinton e i suoi surrogates programmano comizi (e investimenti in spot televisivi) in zone che sembravano sicure. Tim Kaine è costretto a tornare in Wisconsin. Bernie Sanders va in Colorado. Joe Biden e Chelsea Clinton girano la Pennsylvania (e l’ultimo grande evento della campagna, Hillary e Bill Clinton insieme a Michelle e Barack Obama, si terrà a Philadelphia). La mobilitazione non può che significare una cosa. La sicurezza di conquistare quegli Stati non c’è più. In Pennsylvania, Clinton dovrebbe essere avanti di tre punti (dati di Fivethirtyeight); era avanti, due settimane fa, di nove punti. Il vantaggio democratico si sta erodendo anche in Michigan, in Colorado, in New Mexico. Il vero campanello d’allarme è però stato rappresentato dal New Hampshire. Qui Clinton per settimane ha potuto godere di un solido vantaggio. Gli ultimi numeri sono preoccupanti. Due diversi sondaggi (UMass Lowell e Gravis) danno la partita in parità o addirittura a favore di Trump. Questo Stato del nord-est è particolarmente significativo per un elemento. Ha una vasta percentuale di elettori indipendenti. La forte ripresa di Trump in New Hampshire potrebbe prefigurare un movimento di indipendenti a suo favore in altri Stati.
Che la dinamica della sfida sia cambiata lo dimostrano anche alcuni altri fatti. L’Ohio, sino a qualche giorno fa considerato battleground, cioè conteso, è ora passato tra gli Stati che pendono verso i repubblicani. Arizona e Nevada sono ancora giudicati battleground ma si tingono sempre più di rosso repubblicano. Stesso discorso per il secondo distretto congressionale del Maine (il Maine distribuisce i suoi voti elettorali su base distrettuale e non statale), dove Trump appare in vantaggio. La Florida, che con i suoi 29 voti elettorali è lo swing State più ambito, appare come sempre in bilico. Gli ultimi sondaggi (Fox, Gravis, Quinnipiac e CNN) danno avanti Clinton, ma niente per cui stare davvero tranquilli. Obama, Biden, Bill sono tornati in questi giorni più e più volte nel Sunshine State. E durante il week end proprio Bill Clinton riprenderà il suo “Stronger Together”, il tour in autobus che da Jacksonville lo porterà a Gainesville. Questo week end è d’altra parte l’ultimo in cui i democratici possono a portare a votare ampi settori di elettorato nero con l’early voting.
La mappa elettorale generale – Hillary Clinton ha quindi di che preoccuparsi? Sì, ma con moderazione. La mappa elettorale resta comunque a lei favorevole. Se infatti consideriamo tutti gli Stati solidamente democratici e quelli orientati verso i democratici (Colorado, Michigan, Pennsylvania, Virginia, Wisconsin), Clinton può contare su 268 voti elettorali. Trump, tra Stati sicuramente repubblicani e quelli invece orientati verso il G.O.P. (Georgia, Iowa, secondo distretto congressionale del Maine, Ohio e Utah), arriva a 204. Questo significa che per giungere a conquistare i 270 voti necessari per diventare presidente, a Hillary Clinton basta aggiudicarsi uno solo tra gli Stati ancora contesi: Arizona (11 voti), Nevada (6 voti), Florida (29 voti), New Hampshire (4 voti), North Carolina (15 voti). Trump, da parte sua, dovrebbe invece aggiudicarseli tutti. Cosa possibile ma, appunto, difficile.
I democratici poi, rispetto ai repubblicani, continuano a contare su una macchina molto più strutturata e capillare. I risultati di questo sforzo sono stati illustrati ieri alla stampa da Robby Mook e Marlon Marshall, responsabili dell’organizzazione di Clinton. I due hanno spiegato che, con l’8 novembre, circa il 40% dei registrati avrà votato. In Florida hanno già espresso la loro preferenza 5,25 milioni di elettori, il 52% in più rispetto al 2012. Hanno votato 700 mila persone in Nevada, più di due milioni e mezzo in North Carolina. In Florida c’è stato un eccezionale afflusso di ispanici. Anche il North Carolina, che in primo tempo suscitava preoccupazioni (qui Obama è passato e ripassato, fino a un affollatissimo comizio alla University of North Carolina), pare avere imboccato una strada più favoravole ai democratici. Migliaia di neri sono comparsi ai seggi, anche se il vero banco di prova dell’impegno dell’elettorato afro-americano per Hillary Clinton ci sarà con l’affleunza ai seggi di questo fine settimana.