Il più grande e avvincente reality dell’era moderna si sta per chiudere, martedì gli americani andranno alle urne e decideranno chi sarà il loro presidente. Un grande fratello in stile Jerry Springer, pieno di insulti e minacce, il tutto sullo sfondo del declino degli Stati Uniti d’America, una nazione che ormai ha ben poco da invidiare al classico “Stato delle banane”.
Ciononostante, gli Stati Uniti continuano a essere la più grande economia al mondo e una potenza militare che non ha rivali. Il prossimo presidente dovrà gestire sia la politica economica che quella estera, ed entrambe avranno un impatto sull’economia mondiale e sulle sorti del mondo.
Difficilissimo fare previsioni perché nessuno dei candidati ci ha detto la verità sulle politiche future, entrambi cavalcano la tigre del populismo; nessuno dei due ha presentato una visione futura nuova, come fece Reagan con la supply side economics. Basta leggere gli slogan per accorgersi della pochezza del pensiero politico del futuro presidente americano: Make America Great Again e Stronger Together. Il primo vuole rilanciare il primato americano mentre il secondo inneggia alla globalizzazione, idee vecchie.
Certo gli slogan contano ben poco, Yes We Can di Obama è rimasto nel cassetto di chi lo ha inventato, un motto sconosciuto in politica economica ed estera. Ma almeno durante la campagna elettorale faceva sognare grandi cose. Per avere un’idea di cosa succederà all’indomani dell’elezione di Hillary Clinton o di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti bisogna spulciare le previsioni dei mercati, sì proprio quelle della finanza che da mesi tiene gli occhi puntati sui due candidati.
Gli analisti concordano che la vittoria della Clinton – candidato status quo – farà salire i listini di borsa spingendo verso l’alto le quotazioni del mercato azionario. L’effetto ‘sollievo’ della scampata catastrofe, rappresentata dalla vittoria di Trump, dovrebbe spingere gli investitori a rischiare di più, abbandonando investimenti poco redditizi, ma più sicuri, come le obbligazioni del Tesoro americano, l’oro e lo yen.
Bisogna dire che in passato la borsa americana ha sempre guadagnato intorno all’1,9 per cento nei 90 giorni dopo le elezioni presidenziali e questo proprio a causa dell’effetto ‘sollievo’ prodotto dalla fine dell’incertezza su chi sarà il prossimo presidente. Questa volta, però, potrebbe non verificarsi nessuna crescita, anzi, molti prevedono una caduta degli indici e del dollaro all’indomani della vittoria di Trump.
In parte le anomalie nell’andamento dei listini sono legate all’eccezionalità di queste elezioni: Trump non è un politico e ha contro gran parte del partito Repubblicano; la Clinton è la prima donna a correre per la Casa Bianca, dopo averci abitato per 8 anni come first lady. Ci troviamo di fronte a due candidati atipici, insomma, anche in relazione al loro passato ‘burrascoso’, Trump è un donnaiolo, pirata del cemento, la Clinton ha infranto la legge ed i protocolli nazionali diverse volte perché si sente al disopra di tutto e di tutti.
Due megalomani. Non è però detto che le cose vadano così. Secondo gli analisti se Donald Trump vince le elezioni il mercato azionario e finanziario crollerà, un fenomeno che verrà accentuato dalla corsa degli investitori mondiali a vendere tutto ciò che hanno di americano in portafogli, incluso il dollaro.
Il biglietto verde, dunque, si svaluterà. Questa tesi è sostenuta da chi crede che la vittoria di Hillary Clinton sia già stata data per scontata dai mercati finanziari ed che una sua sconfitta prenderebbe tutti in contropiede. Forse quest’analisi era corretta due settimane fa, ma a due giorni dalle elezioni, quando tutti i sondaggi danno i due candidati testa a testa, sembra perdere valore. L’elezione di Donald Trump non è totalmente negativa per la finanza, e il motivo è presto detto: i tassi d’interesse. Con un dollaro forte Janet Yellen, il presidente della Riserva Federale, potrà alzare i tassi d’interesse entro la fine dell’anno, manovra che non piace a Wall Street.
La vittoria di Trump assicurerebbe una caduta del dollaro e nessun taglio dei tassi anche perché farebbe presagire la rimozione della Yellen, come ha più volte dichiarato il candidato repubblicano. Nelle ultime due settimane i mercati hanno preso in considerazione e digerito la possibile vittoria di Trump e si sono anche posizionati per guadagnarci sopra.
La finanza non è l’unica a far buon viso a cattiva sorte. Mentre la Clinton continua a fare passerella con i volti celebri durante i suoi comizi, l’élite militare rema contro di lei. Secondo molti analisti la Clinton è mal vista dai poteri militari perché ‘vuole fare sempre di testa sua’ e non ha una visione realista degli equilibri mondiali. Discorso analogo vale a livello di sicurezza nazionale, voci di corridoio nei punti focali di potere, sostengono che la decisione del direttore dell’FBI di rendere pubbliche le nuove indagini sulle email inviate dal server della Clinton è stata fortemente ostracizzata dal dipartimento di stato, come è successo più volte in passato. Questa volta però il divieto non ha avuto effetto.
Perché? Perché non tutti i poteri forti fanno il tifo per la Clinton. E’ probabile che il tallone d’Achille della Clinton agli occhi dei poteri forti sia la politica estera proiettata verso il contenimento della Russia di Putin allargando i confini della NATO, politica che rischia di sfociare in un conflitto.
Altro elemento negativo è il pericolo che la Clinton, come Obama prima di lei, non riesca a trovare un compromesso lavorativo con l’opposizione e che la presidenza finisca per essere gestita con decreti presidenziali, esattamente come ha fatto Obama.
Attraverso la lente della politica estera, Trump sembra un candidato più malleabile, pronto ad accordi con Putin per pacificare i rapporti tra occidente e Russia. Un paradosso? Tutta la campagna elettorale americana è stata un paradosso! Martedì sapremo chi a vinto, a quel punto bisognerà trovare un altro show politico per intrattenerci, ormai la politica fa più spettacolo di qualsiasi altra cosa.