2011 – Big Bang
Civati non c’è più, Renzi comincia a costruire la sua classe dirigente. C’è Matteo Richetti, che aprirà l’edizione 2016, ci sono Davide Faraone, Giorgio Gori, Sergio Chiamparino, Graziano Delrio, che nel tempo saranno tutti promossi: sottosegretario, sindaco, governatore, ministro. C’è anche Luigi Zingales che abbandona la Leopolda prima fondando un partitino e poi anche il cda dell’Eni (dopo la nomina dello stesso governo Renzi). La Leopolda 2011 chiede a gran voce primarie per il candidato presidente del Consiglio, che da statuto spetta al segretario. Bersani, che segretario è, le concede e le vince, “non vincendo” le elezioni “che contano”, come avrebbe detto proprio Renzi, cioè le Politiche.

Renzi fa stretching per candidarsi alle primarie del centrosinistra, ma ancora non lo dice. Dal Big Bang di Firenze raccoglie 100 idee, “a cui tutti possono dare il loro contributo” per superare un partito “fatto di slogan”. Il Pd, aggiunge, deve avere il volto “che abbiamo”, ma cambiando le “facce dei politici”. Un partito di “pionieri”. Il primo, l’avanguardia, è Matteo Richetti. Basta con il partito novecentesco, basta reduci. Parla poco di Berlusconi “perché qui si parla di futuro”, anche se ne critica “la volgarità” (è il periodo Ruby) alla quale contrappone la parola “bellezza”. Attacca invece Vendola “che tradì Prodi” (una cosa recente, del 1998).

La Leopolda sta crescendo, passano circa 10mila persone, mentre si registra un altro mezzo milione di contatti per seguire i lavori via streaming. Torna Zingales, spunta il premio Strega Edoardo Nesi (che poi quando sarà il momento si candiderà con Monti). E segna una linea: in un partito si può litigare: “Ma bisogna litigare meglio”, sui contenuti. Per la prima volta ecco lo slogan che ogni tanto pronuncia il nuovo che vuole scansare il vecchio: “Non si ferma il vento con le mani”.

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Leopolda 2016, Renzi e la convention extra Pd: com’è cambiato il posto in cui il futuro non diventa mai presente

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