"Trasformare il funerale di un ragazzo in una esibizione di forza ed illegalità è inammissibile ed intollerabile" aveva scritto il senatore grillino. Su Facebook intimidazioni per lui e per i giornalisti che hanno descritto il corteo funebre vietato dalla questura per motivi di ordine pubblico
Messaggi via Facebook per i giornalisti e per il senatore che avevano denunciato i funerali show del rampollo di quartiere. Nell’epoca della multimedialità persino le minacce arrivano attraverso i social network: da un quartiere di Catania direttamente a Palazzo Madama. Il quartiere etneo è quello di San Leone dove venerdì scorso le saracinesche dei negozi erano state abbassate. Il motivo? La morte di Eugenio Ruscica, alias bananedda (dal padre soprannominato “banana”), il ragazzo di 16 anni morto in un incidente stradale venerdì scorso sempre a Catania. Il giovane appartiene alla famiglia omonima, molto nota nella zona, coinvolta nelle indagini sul clan mafioso dei Cursoti milanesi: è per questo motivo che i negozi del quartiere avevano abbassato le saracinesche in segno di rispetto, mentre i familiari di “bananedda” avevano organizzato funerali show.
Un corteo funebre di scooter con tanto di striscioni e magliette e persino uno spettacolo di fuochi artificiali. “Trasformare il funerale di un ragazzo in una esibizione di forza ed illegalità è inammissibile ed intollerabile. Catania non è una città sudamericana e noi non viviamo in un narcostato, ma in uno Stato di diritto. Una città civile non merita questo affronto”, era stata la denuncia di Mario Michele Giarrusso, senatore del Movimento 5 Stelle. E infatti la questura aveva alla fine vietato i funerali pubblici di Ruscica junior per motivi di ordine pubblico, consentendo solo una cerimonia privata. Risultato? Giarrusso e i giornalisti di livesicilia.it – che avevano raccontato la vicenda – sono finiti nel mirino dei Ruscica. “Nella notte tra Sabato e domenica scorsi, da un profilo Fb a nome Mario Pardo, mi sono giunte via messenger, le minacce che potete leggere nelle immagini che seguono. Domenica mattina, mi sono recato negli uffici della autorità giudiziaria competente ed ho proceduto a denunciare quanto accaduto, come avevo fatto il giorno prima per le minacce giunte dal profilo fb a nome Giuseppe Ruscica. Se qualcuno pensa che tutto questo possa intimidirmi oppure farmi desistere dalla mia azione politica, sta commettendo un grave, gravissimo errore”, scrive infatti sempre su facebook il senatore Giarrusso, allegando copia delle minacce.
“Vergognati pezzo di merda, nipote e figlio di due ragazzi amati nel mondo e tu solo un cesso che hai rovinato i funerali di un bambino di 16 anni la mafia sei tu bravo intervenuto appena saputo il fatto è cosa hai fatto? Cesso pezzo di merda. Noi non siamo nessuno ma amati da tutti. Non bisogna essere mafiosi, ti auguriamo lo stesso dolore pezzo di merda puoi chiedere conto a chi vuoi noi siamo noi e mio nipote un piccolo grande uomo no un boss anche quel cesso del giornalista che ha scritto più minchiate di te e ne dovrete dare conto di tutto questo smentiremo tutto quello che avete detto sul piccolo, che vi siete permessi di dire. Non siete nessuno semplici palloncini e fuochi d’artificio cosa hai visto di strano le botteghe chiuse sempre fatto cosa c’è di anormale vigliacco sicuramente nn sarai un padre e mi dispiace”, è il messaggio, in un italiano stentato, inviato dal profilo di Ruscica senior a Giarrusso, che è rimasto incredulo. “La vicenda è assolutamente incredibile: Giuseppe Ruscica, l’uomo che mi ha minacciato pubblicamente su Facebook, è un personaggio che non si riesce a comprendere come sia in libertà, visto che è stato arrestato solo tre anni fa per gravissimi reati”, commenta il senatore del M5s, al quale è arrivata la solidarietà di Rosy Bindi, presidente della commissione parlamentare Antimafia. “Ai cronisti che hanno seguito e riportato la vicenda, e che sono stati al centro di insulti e minacce, il gruppo siciliano esprime piena solidarietà”, scrive invece in una nota Andrea Tuttoilmondo, presidente dell’Unione Cronisti in Sicilia.