Ha ragione Papa Francesco: mai lo Stato deve violare la dignità umana. È questo un limite invalicabile per il potere punitivo dello Stato. Il Papa lo ha ribadito nella giornata dedicata al giubileo dei carcerati. Durante l’Angelus della giornata giubilare dedicata ai detenuti, Bergoglio – dopo avere ribadito che la dignità umana va sempre rispettata, anche nel caso del più pericoloso dei criminali – ha rivolto un appello alla comunità degli Stati affinché adottino un provvedimento di clemenza. È principalmente alle democrazie che senz’altro si rivolgeva.

Nei regimi i problemi sono su un’altra scala. È nelle democrazie che dobbiamo preoccuparci di come il diritto penale stia declinando verso derive razziste e di classe. È qui che il diritto penale sa essere clemente nei confronti dei potenti e inclemente nei confronti di chi non ha mezzi né risorse. La clemenza significa anche questo: non affollare le prigioni di immigrati, di tossicodipendenti, di poveri e di malati psichici. Significa non maltrattare le persone e non lasciarle morire in galera. Significa offrire opportunità di recupero sociale a tutti.

Faceva simpatia e impressione vedere Piazza San Pietro colma di detenuti, di loro familiari, di operatori penitenziari e di volontari in attesa di ascoltare le parole del Pontefice. Che in quei pochi minuti e sotto una pioggia scrosciante ha ribadito quanto aveva detto in un suo precedente discorso dell’ottobre 2014 rivolto all’associazione internazionale dei penalisti: che esiste una questione “penale” ed esiste una questione “penitenziaria”. Tutti oggi danno per scontato che l’unica sanzione possibile sia il carcere. Ma il carcere fa male. Il carcera stigmatizza. Il carcere aliena. Il carcere isola. Il carcere è morte sociale. Papa Francesco apre coraggiosamente ad altre forme di esercizio della punizione. E nel frattempo chiede di migliorare le condizioni di detenzione.

Papa Francesco predica bene dopo avere agito di conseguenza. Nel 2013 con motu proprio ha modificato il codice penale dello Stato del Vaticano: ha abolito l’ergastolo, da lui definita pena di morte nascosta, e ha introdotto il delitto di tortura nel rispetto della definizione data dalle Nazioni Unite nella Convenzione del 1984.

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha visitato pochi giorni fa il carcere di Padova. Un gesto importante. Uno dei tanti modi per dare seguito alle parole del Papa sarebbe quello di fare tutto il possibile per introdurre il crimine di tortura nel codice penale. Sarebbe un bel messaggio, inutilmente atteso da quasi trent’anni.

Nella giornata dedicata da Bergoglio ai detenuti, i radicali hanno organizzato una marcia per l’amnistia ricordando quel grande lottatore per i diritti di tutti che era Marco Pannella. Chissà cosa direbbe oggi Pannella di fronte al silenzio delle istituzioni dopo le parole di Papa Francesco.

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