”Sono sieropositivo, ma questo non vuol dire che la mia vita sia finita”. Sono passati esattamente 25 anni da quando Magic Johnson annunciò al mondo di aver contratto l’HIV.  Il cestista statunitense, vincitore con i Los Angeles Lakers di cinque titoli Nba, aveva 32 anni e non aveva disputato le prime tre gare della stagione a causa di una presunta influenza. Earvin “Magic” Johnson era venuto a conoscenza della diagnosi già il 25 ottobre, ma aveva chiesto due contro-analisi prima di arrendersi all’evidenza. Il suo annuncio del 7 novembre 1991, unito alla decisione di ritirarsi dall’attività sportiva, ebbe un eco mondiale. “Magic Johnson diventa, inevitabilmente, l’ultimo e forse il più autorevole simbolo di una malattia che ha fatto solo in America oltre 100mila vittime”, scrisse il giorno dopo il Washington Post. L’allora presidente degli Stati Uniti, George H. W. Bush, si trovava in quel momento a Roma e dall’Italia commentò: “Mi dispiace, è una cosa terribile, è un brav’uomo”.

Earvin Johnson, diventato famoso con il soprannome di “Magic”, è stato il simbolo delle vittorie dei Los Angeles Lakers negli anni ’80 e delle sfide con i Boston Celtics di un altro mostro sacro della pallacanestro, Larry Bird. È originario di Lansing, nel Michigan, dove ha cominciato a giocare a basket e conquistato il titolo universitario americano nel 1979. Fra i professionisti ha conquistato l’anello Nba nel 1980, nel 1982, nel 1985, nel 1987 e nel 1988. A livello individuale è stato votato tre volte miglior giocatore della lega (Mvp). Magic Johnson è sempre stato considerato un simbolo non solo del basket, ma dell’ intero sport americano, inferiore per fama forse solamente a Michael Jordan.

Ma Johnson è diventato, dopo l’annuncio della positività all’HIV, un simbolo anche nella lotta all’Aids. Nonostante il ritiro, nel 1992 fu il quarto giocatore più votato tra i candidati all’All-Star Game (la partita tra i migliori giocatori della stagione). I suoi compagni di squadra dichiararono che non avrebbe dovuto partecipare, perché già ritirato. Altri cestisti fecero capire chiaramente che la sua presenza in campo, con il rischio di ferite e tagli, non gli lasciava sicuri. Johnson scelse di giocare ugualmente: mise a segno 25 punti, con 9 assist e 5 rimbalzi. A fine gara venne nominato miglior giocatore.

Decise allora di tornare a giocare e prese parte alle Olimpiadi del 1992, vincendo l’oro con il Dream Team, la squadra dei sogni composta da lui, Jordan, Bird, Malone e altri campioni. Dopo la vittoria olimpica, Magic tornò a giocare nei Los Angeles Lakers. Nel frattempo la Nba introdusse una nuova regola, detta poi “Magic Johnson rule” e ancora in vigore, che prevede che un giocatore sanguinante debba obbligatoriamente uscire dal campo fino a quando l’emorragia non sia stata bloccata. Fece in tempo a disputare solo qualche amichevole, prima di ritirarsi nuovamente per le troppe polemiche di alcuni giocatori sulla sua presenza in campo. Nel 1996 tornò a indossare la maglia dei Los Angeles Lakers, disputando 32 incontri. Magic Johnson riuscì a superare lo scetticismo dei suoi colleghi, ormai più informati e consapevoli di cosa significasse essere malati di AIDS. Lo dimostrarono le affermazioni di Karl Malone, che negli anni precedenti aveva espresso grosse perplessità. “Oggi siamo tutti più informati. Ho parlato a lungo con Magic: è il benvenuto”, dichiarò il compagno di squadra.

Dopo l’annuncio della positività, Johnson fondò la Magic Johnson Foundation, una fondazione benefica nata per raccogliere finanziamenti da destinare alla lotta contro l’Aids. Nel 1992 entrò a far parte della Commissione Nazionale sull’Aids. Nei mesi successivi cercò di informare e sensibilizzare riguardo all’Hiv e all’Aids, sindrome all’epoca ancora poco conosciuta e considerata esclusiva di omosessuali e tossicodipendenti. Il programma “I stand with Magic“, organizzato dalla sua fondazione a partire da dicembre 2006, ha garantito oltre 38.000 test gratuiti per il controllo della sieropositività.

 

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

FIA World Endurance Championship, in Cina gara cruciale per la Ferrari – VIDEO

next
Articolo Successivo

Mar del Plata, la squadra dei desaparecidos che morì per il rugby

next