Il 30 ottobre 2015, poche ore prima che i 26 consiglieri del Pd depositassero le loro dimissioni presso un notaio per far cadere il consiglio, anche l'assessore al Commercio abbandonava il sindaco. Oggi è commissario di uno dei tanti carrozzoni dell' PA e tra maggio e agosto ha lavorato come "esperta" al ministero della Madia a 6mila euro al mese. L'ex collega Cattoi: "Ricompensa? No, nel Pd ci si aiuta"
Fedelissima di Ignazio Marino, ultima a “tradirlo” nei giorni che portarono alla sua caduta in Campidoglio, oggi stipendiata dal governo. È la parabola di Marta Leonori: giusto un anno fa, il 30 ottobre 2015, poche ore prima che i 26 consiglieri vibrassero nella schiena del marziano le famose “26 coltellate” depositando le loro dimissioni presso un notaio per far cadere il consiglio, anche l’assessore al Commercio abbandonava quello che più che per gli altri era stato il suo sindaco. Dopo quel tradimento, la Leonori ha trovato quasi subito un’altra poltrona. Anzi, due: sempre a Roma, ma al Ministero della Pubblica amministrazione. Alla corte di Marianna Madia, che con lei condivide anche l’appartenenza alla Fondazione Italianieuropei di Massimo D’Alema: prima come “esperta” (18mila euro per tre mesi di consulenza), poi come commissario del Formez Pa, uno dei tanti enti di incerta vocazione e dubbia utilità che si barcamena tra rigide esigenze di spending review e prospettive di chiusura.
DOPPIO INCARICO AL MINISTERO – Romana, 40 anni da compiere a novembre e laureata in economia aziendale, Marta Leonori orbita nell’universo della politica da molto prima di diventare una degli assessori più apprezzati dell’ultima giunta di Ignazio Marino, che aveva accompagnato già nella corsa alle primarie del Partito Democratico del 2009. Nel 2013 era stata anche eletta alla Camera, da cui però si era dimessa dopo pochi mesi per accettare la chiamata in Campidoglio del suo mentore. Una mossa forse avventata, considerato che quell’esperienza sarebbe terminata in maniera prematura. Ma la Leonori non è rimasta disoccupata a lungo: si è accasata subito a Palazzo Chigi, al Dipartimento della funzione pubblica, struttura della Presidenza del Consiglio che risponde al ministero della Madia.
Da qui sono partite non una, ma ben due lettere d’ incarico a suo nome. Prima, come riportato dal quotidiano La Notizia, la Leonori ha lavorato per tre mesi dal 30 maggio al 29 agosto in qualità non meglio precisata di “esperto” (interrogato a riguardo, il Dipartimento non ha voluto chiarirne la natura), per una retribuzione complessiva di 18.500 euro (una media di 6mila euro al mese). Ma la poltrona più importante è arrivata dopo: la Leonori è stata appena nominata nuovo commissario del Formez Pa. Incarico valido per tutta la durata del commissariamento, e che fruttava al suo predecessore 88mila euro l’anno. L’insediamento dovrebbe essere imminente: contattata più volte da IlFattoQuotidiano.it, la diretta interessata non ha voluto commentare la nomina.
IL “CARROZZONE” FORMEZ – Parliamo del Centro servizi, assistenza, studi e formazione per l’ammodernamento della Pubblica Amministrazione. Ente nato nel lontano 1963 come strumento della vecchia Cassa del Mezzogiorno (da cui prende anche il nome) e che nel corso degli anni ha cambiato più volte missione; l’ultima nel 2010 per volere dell’ex ministro Brunetta, diventando principalmente una struttura di supporto alle amministrazioni pubbliche, in materia di innovazione e utilizzo dei fondi comunitari. Ciò che non è cambiato, invece, è la tendenza a spendere tanto in personale e consulenze: circa 50 milioni di euro all’anno, quasi il 70% di un fatturato che poggia su 19 milioni di euro di contributo statale.
Anche e soprattutto per questo l’associazione è stata commissariata nel 2014. Il progetto originario prevedeva proprio la liquidazione, ma l’assemblea straordinaria ha scelto di “auto-conservarsi”, stabilendo che “le esigenze di riordino non erano incompatibili con la continuità dell’ente”. Il primo commissario, l’avvocato Harold Bonura, ha comunque messo in atto un severo piano di spending review, che ha permesso di tagliare i costi di circa 8 milioni di euro, ridurre i finanziamenti pubblici e chiudere il bilancio 2015 in attivo. Ciononostante, la situazione resta critica: insieme alle spese, è calato anche il valore della produzione; le attività sono paralizzate e si rincorrono le voci di una chiusura, con alcuni dipendenti (ce ne sono ben 355 a libro paga, di cui 13 dirigenti) in fase di ricollocazione. Ora che l’ex commissario ha lasciato per motivi personali, la Leonori arriva per chiudere i conti.
“È IL MONDO PD CHE SI AIUTA” – Il nuovo incarico è una “cambiale” per aver scaricato Marino? “Io non credo che ci sia stato un tornaconto di questo genere – spiega Alessandra Cattoi, altra ex assessora che decise di non abbandonare il sindaco – semplicemente per chi è iscritto al Pd l’affiliazione partitica conta più dei legami personali. E questo vale per la Leonori, come per altri. È più forte di loro, non ce la fanno proprio a disubbidire agli ordini di partito, perché il Pd è il loro mondo. Ed è un mondo che a volte ti facilita…”.
Quel che è certo è che molti degli autori di quelle “26 coltellate da parte di un unico mandante” sono caduti in piedi. Dei 19 consiglieri del Pd che firmarono le lettere di dimissioni, 10 sono stati ricandidati alle ultime amministrative: 5 sono stati rieletti (sarebbero stati molti più, se le elezioni non fossero state un naufragio per il Pd) e siedono tutt’ora in assemblea capitolina. Fra questi, anche Valeria Baglio (ex presidente del Consiglio) e Ilaria Piccolo, considerate nomi di fiducia del chirurgo. Mentre Svetlana Celli, ex lista Marino, ha trovato posto nella civica di Roberto Giachetti, diventandone anche l’unica eletta. “Ha vinto l’interesse per la città su quello personale”, disse allora l’ex capogruppo Pd, Fabrizio Panecaldo, al momento della caduta di Marino. Col senno di poi, si può dire che in certi casi se non altro le due cose sone coincise.