La norma al centro delle critiche è quella che, per porre un freno all’evasione dell’Iva, prevede l’obbligo delle comunicazioni trimestrali all’Agenzia delle entrate delle fatture emesse e ricevute, oltre che dei dati sui versamenti periodici dell’imposta. Con il rischio di pesanti conseguenze: “Un mero errore formale di 1 euro produrrà una multa minima di 5mila euro”
Commercialisti, liberi professionisti e popolo delle partite Iva. Tutti contro il decreto fiscale in Gazzetta dal 24 ottobre scorso. Che aggiunge per chi fa impresa otto nuovi adempimenti fiscali e, soprattutto, prevede sanzioni considerate “spropositate”. La norma finita al centro delle critiche è quella che, per porre un freno all’evasione dell’Iva, prevede l’obbligo delle comunicazioni trimestrali all’Agenzia delle entrate delle fatture emesse e ricevute, oltre che dei dati sui versamenti periodici dell’imposta. Con il rischio di pesanti conseguenze nel caso di errori, anche formali: una sanzione compresa tra 5mila e 50mila euro nel caso di comunicazione omessa o infedele sui versamenti Iva, mentre errori e omissioni relativi alle fatture costeranno una sanzione di 25 euro a fattura, con un massimo di 25mila euro e senza cumulo giuridico, ovvero senza il limite di solito previsto nel caso in cui venga ripetuto più volte lo stesso tipo di errore.
“Il decreto fiscale – scrivono in una nota congiunta le associazioni dei commercialisti Adc, Aidc, Anc, Andoc, Unagraco, Ungdcec e Unico – invece di semplificare un sistema fiscale che occupa il 126esimo posto nel ranking annuale sulla competitività elaborato dalla Banca Mondiale, aggiunge ben otto nuovi adempimenti a carico di professionisti e imprese”. Critica peraltro analoga a quella mossa due settimane fa anche dal presidente del consiglio nazionale dei commercialisti Gerardo Longobardi. Ma non finisce qui: “Un mero errore formale di 1 euro – continua la nota – produrrà una sanzione minima di 5mila euro”. Da qui l’accusa di un atteggiamento schizofrenico da parte del governo: “È singolare che mentre si ‘giustifica’ la rottamazione delle cartelle con l’eccessivo peso di sanzioni e interessi di mora, allo stesso tempo si introducono sanzioni ben più sproporzionate di quelle rottamande”.
Le associazioni dei commercialisti parlano di “logiche burocratiche che hanno il solo effetto di pesare su professionisti e imprese senza produrre alcun effetto nella lotta all’evasione”. E minacciano, qualora il decreto non venga modificato in Parlamento, di mettere nero su bianco tutti i costi che le nuove regole e le nuove sanzioni comportano (“di fatto una nuova tassa occulta su tutte le categorie produttive del nostro Paese”). In modo da sollecitare e sostenere le proteste che i clienti dei loro associati, e in particolare i 5,4 milioni di partite Iva, vorranno intraprendere. E le partite Iva, a dire il vero, sono già sul piede di guerra. Anche le associazioni di freelance e liberi professionisti, come Acta, Alta partecipazione, Confassociazioni e Confprofessioni, si scagliano infatti contro le otto nuove comunicazioni fiscali da aggiungere “ai già numerosi adempimenti che gravano su imprese, professionisti e contribuenti”. E contro “un meccanismo sanzionatorio che punisce l’errore formale e salva i grandi evasori”, come si legge in un’altra nota congiunta.
“L’evasione fiscale – ritengono le associazioni delle partite Iva – si contrasta con le semplificazioni, con meno burocrazia, con un migliore utilizzo delle tecnologie informatiche, e non con l’evoluzione di strumenti anacronistici che hanno già fallito in passato o con sanzioni che mettono sul medesimo piano un errore formale da 5 euro e una falsa fatturazione milionaria“.