Da nemici giurati rappresentavano l'emblema della rottamazione renziana in terra di Sicilia: da una parte il giovane sottosegretario all'Istruzione, fedelissimo dell'ex sindaco di Firenze sin dalla prima ora; dall'altra l'ex senatore impresentabile, cancellato dalle liste per le politiche del 2013 dai garanti dem. Se ne sono dette di tutti i colori. Ma adesso sono seduti fianco a fianco sull'altare della riforma. Con loro (per il Sì) tutta un'altra serie di politici che si sono riscoperti renziani: ecco gli ultimi arrivi
C’eravamo tanto odiati. Potrebbe essere la didascalia di una fotografia scattata ieri pomeriggio all’università Kore di Enna, dove è andato in onda un dibattito per illustrare le ragioni del Sì al referendum costituzionale. Al centro della scena ecco Mirello Crisafulli e Davide Faraone, ridanciani e sorridenti quasi fossero due vecchi compari di avventure. Peccato siano gli stessi soggetti che negli ultimi anni se le sono date di santa ragione. Di più: da nemici giurati rappresentavano l’emblema della rottamazione renziana in terra di Sicilia, le due facce del Pd di Matteo Renzi che doveva cambiare verso al Paese. Da una parte il giovane sottosegretario all’Istruzione, fedelissimo dell’ex sindaco di Firenze sin dalla prima ora. Dall’altra l’ex senatore impresentabile, cancellato dalle liste per le politiche del 2013 dai garanti dem, segretario provinciale del Pd di Enna commissariato da Renzi, candidato sindaco sconfitto nel suo feudo elettorale dopo che il partito gli aveva persino negato l’uso del simbolo (poi praticamente copiato per realizzare lo stemma della sua lista civica).
“Si vuole impedire alla gente di votare per Renzi, e il responsabile è il segretario provinciale del Pd Vladimiro Crisafulli, che gestisce il partito come la repubblica delle banane”, tuonava Faraone nel dicembre del 2013, quando con un manipolo di renziani aveva occupato i gazebo allestiti a Enna per votare alle primarie. Era il periodo in cui per lo storytelling renziano Crisafulli era diventato l’origine di ogni male, il colpevole di ogni malefatta, l’uomo simbolo da epurare per riportare il Pd sui retti binari della legalità. “Questo è il partito di Pio La Torre, voi avete Crisafulli, cacciatelo a calci nel sedere”, diceva Pif alla pubblico della Leopolda, ricordando quell’incontro del 2001 tra il boss di Enna Raffaele Bevilaqua e l’ex senatore del Pd, che aveva fatto nascere un’indagine poi archiviata. La renzianissima platea aveva apprezzato e si era spellata le mani per applaudire il regista palermitano, simbolo della nuova legalità made in Leopolda. D’altra parte lo stesso Renzi, prima di entrare a Palazzo Chigi, aveva trovato il tempo per occuparsi di Mirello tanto da promettere a Servizio Pubblico: “Io da segretario nazionale sarò il primo a porre il problema di Crisafulli”.
E infatti, a un certo punto, il problema di Crisafulli è stato posto davvero, in modo però diverso da come se l’aspettavano i renziani duri e puri. L’interrogativo arrivato dal Nazareno era più o meno questo: ma Mirello e i suoi, che a Enna hanno sempre detto di vincere col proporzionale, col maggioritario e pure col sorteggio, per chi votano al referendum? Renzi, infatti, sa bene che il Sud e la Sicilia giocheranno un ruolo fondamentale per l’eventuale successo del fronte del Sì alla consultazione del 4 dicembre. Ecco quindi che il fido Faraone si è cosparso il capo di cenere e per tutta l’estate è stato un frequentatore assiduo di Enna. Pranzi, caffè, cene, convention tutte organizzate per propagandare le ragioni del Sì in compagnia dei fidi Luca Sammartino e Valeria Sudano (nell’istantanea con Crisafulli sono seduti alle estremità del tavolo), i due deputati regionali eletti rispettivamente con l’Udc e con il Cantiere Popolare di Saverio Romano, già vicinissimi a Totò Cuffaro ora fulminati sulla via della Leopolda. Sono gli stessi che due settimane fa hanno ottenuto una foto ricordo con il premier, in compagnia di Paolo Ruggirello, un altro che faceva politica ai tempi del Psi e che prima di scoprirsi renziano ha fatto in tempo ad essere il luogotenente dell’autonomista Raffaele Lombardo prima, e del destrissimo Nello Musumeci poi.
A fare campagna elettorale per il Sì ci sono anche Giuseppe Picciolo e Nicola D’Agostino, altri due ex lombardiani, Edy Tamajo, una vita in Grande Sud con Gianfranco Micciché, e Michele Cimino, che vent’anni fa aveva esordito all’Assemblea regionale siciliana da enfant prodige di Forza Italia in tandem con un certo Angelino Alfano. Sono tutti deputati regionali di Sicilia Futura, una lista-fai-da-te che si comporta da alleata del Pd, nei giorni pari, e da “corrente esterna” ai dem, in quelli dispari. A crearla un altro sopravvissuto alla rottamazione: Salvatore Totò Cardinale, già ministro nel lontano 1999 con il governo di Massimo D’Alema che oggi si è riscoperto fedelissimo del sottosegretario Luca Lotti e in questa veste va in giro a parlare di rinnovamento. È lui l’uomo cerniera che – come raccontato dal fattoquotidiano.it – ha ricucito i rapporti tra Crisafulli e Faraone. Una lunga estate fatta di incontri fugaci e colloqui informali che alla fine ha portato al risultato sperato: prima Crisafulli si è prestato a fare da uomo sandwich per il Sì, poi ha aperto le porte della “sua” università a Faraone. In platea alcuni studenti della filiale che la facoltà di medicina dell’università Dunarea de Jos di Galati, in Romania, ha aperto a Enna sotto l’egida di Mirello: rischiava di chiudere i battenti ma è sopravvissuta grazie anche a una sentenza del tribunale di Caltanissetta che ha respinto il ricorso del Miur, e cioè il ministero di cui Faraone è sottosegretario. E infatti Crisafulli adesso gongola: “Questi ragazzi sono il nostro fiore all’occhiello”, ha assicurato spietato all’ex nemico. Lo stesso che appena un anno fa, da sottosegretario all’Istruzione, tuonava:“Quei corsi non devono né possono partire, chiediamo l’intervento del prefetto”. Come non detto: perché in tempi di referendum, la rottamazione si è fermata a Enna.