Il ministero dell'Interno ha intentato una causa contro l'ex boss della Comasina in relazione al risarcimento da oltre 400mila euro da lui mai versato per l'omicidio di un poliziotto nel '76 e ai compensi che, invece, avrebbe ottenuto per due libri e un film sulla sua vita. Il Tribunale civile di Roma, però, ha dato ragione all’ex capo della mala milanese e anche a sua moglie, Antonella D’Agostino
Il ministero dell’Interno ha intentato una causa contro Renato Vallanzasca in relazione al risarcimento da oltre 400mila euro da lui mai versato per l’omicidio di un poliziotto nel ’76 e ai presunti compensi che, invece, avrebbe ottenuto per due libri e un film sulla sua vita. Il Tribunale civile di Roma, però, ha dato ragione all’ex capo della mala milanese e anche a sua moglie, Antonella D’Agostino. La notizia è stata anticipata oggi dal Tg3 e dal Tg Lombardia. In sostanza, come si legge nella sentenza, il Viminale chiedeva di accertare la “disponibilità economica” di quasi 300mila euro in capo a Vallanzasca, attraverso sua moglie, a seguito di una scrittura privata per la cessione dei diritti per due libri e un film (Gli angeli del male di Michele Placido). E ciò per poi chiedere conto all’ex capo della banda della Comasina di almeno parte di quei 425mila euro di risarcimento mai versati dopo la condanna all’ergastolo per l’omicidio di Bruno Lucchesi. Il giudice, però, ha respinto l’istanza.
Il 29 luglio 2009, Vallanzasca e sua moglie, stando a quanto sostenuto dal ministero e riportato in sentenza, hanno sottoscritto una scrittura privata “con la Cosmo Production srl” con cui “cedevano alla società tutti i diritti di utilizzazione economica in campo cinematografico e televisivo legati a due libri da loro redatti e i diritti alla utilizzazione della loro immagine e dei loro nomi”. Il prezzo della cessione dei diritti era di 400mila euro, di cui oltre 278mila “erano già stati versati prima della stipula del contratto”, tra il 2006 e il 2010. Su quei soldi, secondo il ministero, Vallanzasca avrebbe rilasciato “una procura, anche orale e tacita” in favore “della D’Agostino”. La donna, però, come si legge sempre in sentenza, ha spiegato che le somme ricevute dalla Cosmo Production “erano dovute alla propria attività di collaborazione (stesura del copione, permanenza sul set, scelta degli attori protagonisti e non, serate per la promozione)” per il film. In ogni caso, “ha riferito che tali somme erano state comunque interamente spese sia per le cure dell’anziana suocera che per le esigenze del consorte”, ossia Vallanzasca, ancora in carcere. Per il giudice, come viene spiegato nel provvedimento, “dalla documentazione in atti, ed in particolare dagli esiti degli accertamenti patrimoniali compiuti dalla Guardia di Finanza, non emergono elementi univoci idonei a dimostrare che metà delle somme pagate alla D’Agostino fossero riscosse in nome e per conto del Vallanzasca, in quanto dai bonifici bancari e dalle copie degli assegni non emerge la causale dei pagamenti”. Il Ministero dell’Interno, tra l’altro, con la sentenza è stato anche condannato a versare 5800 euro di spese legali alla moglie dell’ex boss.