Scuola

Università, concorsi ed esami ‘puliti’? Con la tecnologia antifrode (oggi vietata)

All’università (e in molte altre strutture pubbliche) concorsi ed esami si svolgono con grande frequenza. Ogni volta occorre adottare procedure complesse di identificazione dei candidati, deposito di cellulari e borse, vigilanza sullo svolgimento delle prove, etc. Ciononostante, quasi ogni volta qualche candidato presenta ricorso perché qualche altro candidato, a suo giudizio, copiava, consultava internet col telefono, parlava in un auricolare nascosto, etc.

Effettuare una efficace opera di vigilanza è difficile, perché spesso candidati sono numerosi, e a volte ricorrono alle tecnologie di comunicazione più moderne. Inoltre, il ricorso, o almeno la denuncia ai giornali, può essere presentato anche quando l’infrazione alle norme non c’è stata, semplicemente perché i ricorrenti ritengono che vi sia stata. Sarebbe oggi semplicissimo combattere la tecnologia dell’imbroglio con una equivalente tecnologia antifrode: tutti sanno infatti che esistono dispositivi che disturbano le trasmissioni radio (e quindi dei telefoni cellulari) entro un certo raggio. In passato mi ero spesso chiesto perché l’università non si dotasse di queste tecnologie, almeno nelle aule utilizzate per i concorsi, e qualche giorno fa, a seguito di una ennesima protesta di alcuni studenti contro i loro colleghi ritenuti responsabili di copiatura, ho deciso di approfondire il problema. Ho così scoperto che in Italia, ma anche in quasi tutti gli altri stati d’Europa e negli Usa, la legge vieta l’uso di dispositivi atti a disturbare le comunicazioni telefoniche (tranne che da parte delle forze dell’ordine), anche se effettuato in aule destinate a concorsi pubblici o esami e preavvertito con cartelli. In Italia il divieto è sancito dagli artt. 617 e 617bis del Codice penale ed è severo: prevede la reclusione da sei mesi a quattro anni.

La ragione della norma è ovvia, ma non è chiaro perché non siano previste specifiche eccezioni per quelle situazioni nelle quali le telecomunicazioni sono espressamente vietate, quali appunto i concorsi e gli esami. Infatti la normativa concorsuale prevede che i telefonini vengano consegnati dai candidati agli esaminatori e che gli esaminatori siano responsabili della vigilanza: ovvero in caso di concorso l’esaminatore è tenuto a impedire le telecomunicazioni da parte del candidato, ma non può farlo utilizzando un dispositivo elettronico. Ho verificato se ci fossero stati casi di giurisprudenza ed ho trovato che in Canada e negli Usa casi del genere si sono verificati, ed il docente responsabile è stato arrestato o multato; ho anche trovato che in Francia sono allo studio, ma non ancora in vigore, norme giuridiche che prevedano deroghe al divieto per alcuni luoghi pubblici. E’ assolutamente evidente, comunque, che impedire le trasmissioni telefoniche durante un concorso o un esame utilizzando un disturbatore di segnale, non può essere logicamente assimilato a un delitto, o ad una deprivazione di un diritto (il telefonino dovrebbe essere consegnato dal candidato all’esaminatore), né può comportare un rischio per il candidato (se un candidato deve chiamare il 118 perché si sente male deve comunque avvertire l’esaminatore e farsi restituire il telefonino, a meno che non lo abbia fraudolentemente conservato). E’ inoltre a mio parere implausibile che il disturbatore di segnale possa interferire con dispositivi salvavita, quali i pacemakers cardiaci, perché funziona generando onde elettromagnetiche analoghe a quelle del telefonino che il portatore di pacemaker usa senza danno.

Il dubbio che viene ad un profano del diritto come me è che al legislatore non interessi poi tanto garantire il migliore possibile svolgimento delle prove concorsuali o di esame, tanto da non ritenere che valga la pena di autorizzare l’uso di strumenti tecnologici moderatamente avanzati in queste circostanze. Nel caso dell’insegnante multato negli Usa, il ricorso era stato presentato da una ditta di telecomunicazioni, il cui favore, evidentemente, al legislatore interessava di più del buon funzionamento della scuola o della procedura concorsuale. Per cui: vigilanza sì, ma come all’età della pietra.